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Totti: “Quando Cassano perse l’assegno dello stipendio e accusò la mia domestica”

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L’ex capitano della Roma, ora dirigente, Francesco Totti – in vista dell’uscita della sua autobiografia – ha concesso un’intervista a Venerdì di Repubblica.

S&D

Tanti i temi trattati: dal nuovo ruolo in società, cuscinetto tra squadra e società (“i giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro, li conosco bene”), agli aneddoti su Cassano, suo ex compagno di squadra.

“Quando andavamo a cena al ristorante con 8 o 10 persone e lui (Cassano, ndr) stava a un altro tavolo, ti alzavi e lui aveva già pagato. Pagava per persone che non conosceva perché c’ero io… Una volta, due, tre… poi mi sono alzato e gli ho detto: “Senti, così non mi sta bene…”. Ma non lo faceva per chissà cosa… E’ fatto così, di indole è così… Adesso meno perché la moglie lo mena…”.

Poi ancora: “Una volta gli era sparito l’assegno dello stipendio e s’era messo in testa che a rubarglielo era stata la nostra domestica, una che stava con noi da anni. Per lei avremmo messo le mani sul fuoco – le parole di Totti -. In più era un assegno intestato ad Antonio e non poteva essere incassato da altri. Provammo a convincerlo, ma niente. Se ne andò. Qualche giorno dopo l’assegno fu ritrovato sotto il sedile della sua macchina”.

Il rapporto tra i due qualche tempo dopo si interruppe, ma ora “anche se lui sta a Genova, negli ultimi tempi abbiamo ripreso a vederci”.

Mario Balotelli e quel calcione sotto la Curva Sud durante la finale di Coppa Italia: “Quello arrivò dopo un crescendo. Erano anni che lui provocava, insultava me e i romani. Un continuo. Alla fine la cosa è esplosa”.

“Fu un fallo orrendo, per fargli male – ha poi aggiunto -. Ma dopo, stranamente, i giocatori dell’Inter non mi assalirono. Mentre uscivo dal campo per l’espulsione, Maicon mi diede addirittura il cinque. La sensazione era che anche tra i suoi compagni interisti Balottelli creasse qualche irritazione”.

Sulla convocazione in Nazionale di SuperMario ha poi detto: “Adesso è migliorato. Mancini ha fatto bene a riprenderlo. Il talento c’è però tutto dipende dalla testa”.

Francesco ora fa il dirigente a contatto con la squadra: “Conosco il linguaggio segreto fatto di occhiate, mezze parole. E cerco di rendermi utile. Adesso si parla quasi solo inglese. Se non lo sai non capisci un cazzo e si fa meno gruppo. In ritiro, rientrato dal campo, ognuno si isola in camera sua con il telefonino. A navigare, a mandare messaggi”.

L’ex capitano della Roma ha poi raccontato qualche aneddoto sul rapporto con i tifosi avversari, in particolare quelli della Lazio: “Se incollavo le figurine dei giocatori laziali a testa in giù? Vero, uniche di tutto l’album. Ci può sempre essere il cretino che insulta o fa la battutaccia, ma quando li incontro per strada, la maggior parte dei laziali sono sportivi, mi fanno i complimenti. E anche quelli delle altre tifoserie… E pensare che quando giocavo me facevano a pezzi… San Siro? Olimpico a parte, è il mio stadio preferito”.

Poi una battuta su Fabio Capello, suo ex allenatore con cui ha vinto lo scudetto nel 2001: “Quando parli con Capello hai sempre torto. Sa tanto, ma l’ultima parola deve essere sempre la sua. Se passa un piccione e lui dice che è un gabbiano, ti dimostrerà che è un gabbiano. E’ cocciuto, perfezionista. Un maniaco”.

Infine un pensiero su Spalletti, suo ultimo allenatore con cui il rapporto si è inclinato poco prima dell’addio al calcio del capitano giallorosso: “E’ quello che ha spinto di più per farmi smettere. Con la società erano una cosa sola”.

 

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