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“Vi spiego perché a Salvini conviene regolarizzare almeno 50mila immigrati”

Immagine di copertina
Credit: portale immigrazione

Daniela Pompei, responsabile per i servizi a migranti e rifugiati per la comunità di Sant’Egidio, spiega a TPI l'importanza della realizzazione di un intervento legislativo per la regolarizzazione dei migranti irregolari in Italia

“In Italia siamo di fronte a una rilevante carenza di assistenti familiari e operai specializzati, figure che esistono ma che andrebbero regolarizzate con il decreto flussi. Parliamo di circa 50mila persone che già lavorano sul territorio e che non sono in regola ma che servono al nostro paese”.

A parlare è Daniela Pompei, responsabile per i servizi a migranti e rifugiati per la comunità di Sant’Egidio, che a TPI spiega come in questo momento la realizzazione di un intervento legislativo volto alla regolarizzazione dei migranti irregolari in Italia sarebbe un importante passo in avanti per l’integrazione ma anche per lo sviluppo economico del paese.

“La comunità di Sant’Egidio lo ha proposto in più occasioni, ne abbiamo parlato anche al premier Conte quando è venuto a trovarci. L’ultimo provvedimento di regolarizzazione risale al 2012, quindi un po’ di anni fa”, spiega la Pompei.

“Il flusso dei migranti in questi anni non è aumentato, perché i migranti non sono solo i profughi che arrivano via mare, ma il complesso delle persone che arrivano in Italia. La gran parte degli immigrati in Italia sono persone che sono giunte non via mare”.

“E di queste cose, presi dell’attualità, ci si dimentica. I rumeni presenti in 1 milione e 200mila sono la prima nazionalità in Italia, la seconda sono gli albanesi. Poi marocchini, filippini, egiziani, ucraini. Questo è tutto il mondo. C’è una complessità che va tenuta in considerazione”.

Il numero di migrazioni consentite è in sensibile calo da anni: se nel 2007 si indicavano come possibili 158mila permessi di lavoro subordinato e 80mila stagionali, l’ultimo di questi decreti pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio scorso prevedeva complessivamente (settore agricolo, turistico-alberghiero, lavoratori autonomi, conversioni di permessi di studio) soltanto 31mila permessi.

“Chi è entrato per motivi turistici”, prosegue la Pompei, “e si è fermato più del dovuto, chi ha avuto un rifiuto dell’asilo ma ha comunque un lavoro, necessita di trovare quindi una possibilità di emersione. Ecco perché, prevedendo almeno 50mila autorizzazioni per badanti e altre categorie, la situazione si sbloccherebbe”.

Governare il fenomeno migratorio vuol dire fare azioni diverse su fronti diversi.Quindi sia aprire vie legali di ingresso – come i corridoi umanitari che hanno dimostrato che esiste una via possibile da strutturare – sia utilizzando gli strumenti che già abbiamo, da qui il discorso sull’emanazione del decreto flussi”.

Negli ultimi anni non ce ne sono stati. Al massimo si può parla di modifiche da permesso di soggiorno. Molto poco, quasi niente per motivo di lavoro dipendente e qualche visto per il lavoro autonomo.

La necessità c’è, il lavoro sta riprendendo in alcune zone dell’Italia. La richiesta c’è, non solo dalle aziende, ma anche per le famiglie. Pensiamo alle famiglie in cerca di badanti, ad esempio.

“Il ministro dell’Interno Matteo Salvini sembra concordare sul fatto che è impossibile rimpatriare tutte le persone che sono presenti sul territorio e queso per motivi diversi: o perché hanno perso il lavoro, o chi è entrato con un visto turistico e si è fermato più del dovuto”.

Come spiega la Pompei, “converrebbe dal punto di vista della sicurezza avere chiarezza di chi è presente sul territorio italiano, così anche da non creare esclusione e vivere nell’irregolarità”.

Ancora non se ne parla tanto, le persone hanno bisogno di lavoratori regolarizzati, non credo che saremo solo noi.Nel nord est Italia, per esempio, c’era una carenza di operai specializzati, abbiamo inviato siriani arrivati con i corridoi umanitari che hanno trovato lavoro subito. La stessa cosa nella zona di Mantova, nelle piccole fabbriche.

E la questione, spiega Daniela Pompei, non afferisce al minor costo del lavoro: “Se ci fossero italiani che si propongono non credo che le famiglie o le aziende farebbero distinzioni. Storicamente è sempre stato dimostrato che non c’è conflitto tra lavoratori italiani e stranieri, perché si inseriscono in mercati di lavoro anche diversi”.

Ed è qui che la Pompei scioglie il nodo: “Se si rende il lavoro regolare, è chiaro che il contratto è lo stesso. Quando è nell’irregolarità è più facile che si possono verificare situazioni di lavoro nero che potrebbe a questo punto costare meno”.

“Favorire la regolarità aiuta al sicurezza, aiuta a non avere conflitti sul tema dello stipendio, aiuta la sicurezza sul lavoro”.

“Il momento è opportuno per pensare a interventi legislativi che rispettino le persone, la loro dignità. Interventi legislativi che pensino anche a un futuro regolarizzato. Vanno aperte vie legali di ingresso, altrimenti avremo sempre flussi che arrivano via mare”.

A un certo punto che si decida una quota più sostanziosa di persone che arrivano per vie legali eliminando anche il problema dei traffici.  Un provvedimento legislativo non può avere solo un’azione di contenimento, ma anche una per il futuro.

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