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Home » Scienza

Facebook e Google ascoltano le conversazioni a scopo pubblicitario?

Immagine di copertina
da Pixabay

Sempre attuale la domanda che molti utenti si fanno dopo aver notato coincidenze sospette tra argomenti citati a voce e pubblicità

Quanto è vero che Facebook e Google ascoltano le conversazioni e quel che diciamo ad esempio quando dialoghiamo con gli assistenti vocali oppure nelle telefonate via VoIP o anche in offline con gli amici? E quanto c’è di vero che questi ascolti sono poi distillati per captare informazioni da utilizzare a scopi commerciali?

È successo a tantissime persone, che pure hanno condiviso sui social network questa loro impressione. Quel che sembra è che talvolta i giganti del web utilizzino i sistemi di input vocale a loro vantaggio monetizzando le info rivelate.

Informazioni che, ben inteso (verbo non scelto a caso) noi stessi decidiamo di condividere spesso inconsapevoli del fatto che sono paragonabili a vere e proprie secchiate di denaro che gentilmente doniamo alla causa. Quale causa?

Semplicemente quella commerciale. La gran parte dei guadagni, soprattutto per i social network come Facebook è quella di essere una sorta di finestra aperta sulla società in grado di raccogliere e condividere in tempo reale umori e percezioni a proposito di un determinato argomento (topic). Tutto questo, inoltre da parte di un pubblico vastissimo.

Quanto è preziosa questa raccolta informazioni? Un pratico esempio: esce un nuovo film, molte persone vanno a vederlo e lasciano un commento su Facebook a proposito del loro gradimento. Gli algoritmi dei social network raccolgono e interpretano le impressioni su scala anche potenzialmente milionaria dividendo il tutto per fasce di età, sesso, lavoro e così via.

Qualcosa che effettuato manualmente richiederebbe tantissimo tempo, personale e budget. Questa doverosa puntualizzazione è necessaria per far capire la potenza di fuoco commerciale dei social network. La domanda successiva è: cosa c’entrano conversazioni vocali in tutto questo?

Esistono innumerevoli esempi di video condivisi su YouTube che mostrerebbero come da conversazioni apparentemente casuali molte persone si ritrovino inserzioni pubblicitarie sul proprio profilo. Qualcosa di vagamente inquietante e che avviene anche quando si parla attraverso WhatsApp, che ricordiamo fa parte del gruppo di Facebook. O con Google attraverso l’assistente vocale attivabile (anche senza connessione) dallo smartphone o dai sistemi Google Home.

I dispositivi ci ascoltano, in continuazione, ma sulla carta solo per trasformare in comandi la nostra voce che viene certo compresa e interpretata, ma per scopi pratici. L’accusa di molti utenti è che invece l’ascolto vada a confluire nella raccolta a scopo pubblicitario per inserzioni mirate e quasi in tempo reale. Si parla di un prodotto? Dopo pochi minuti ecco il video sponsorizzato su Facebook. Coincidenze?

I diretti interessati hanno smentito in modo perentorio. Facebook, ad esempio, ha spiegato come l’ascolto è messo in pratica soltanto per capire cosa avviene nel sottofondo (musica, telefilm) e proporre aggiornamenti di status più precisi. E, a maggior ragione con il nuovo ordinamento per il rispetto dei dati degli utenti, c’è da credere ai giganti del web che andrebbero troppo intensamente ed esplicitamente contro le indicazioni.

La risposta potrebbe essere molto più semplice di quanto immaginiamo. Alcuni esperti tirano in ballo un fenomeno psicologico chiamato l’illusione della frequenza. Si chiama così perché la nostra mente tende a ricordare qualcosa che ci colpisce che così emerge dalla massa ben più consistente di altri dati che non vengono immaginati. E abbiamo l’illusione delle coincidenze.

Esempio pratico: nelle ultime dieci conversazioni a voce, telefoniche o via social con amici e parenti abbiamo parlato di almeno un centinaio di argomenti. Uno di questi è protagonista di un’inserzione. Il nostro cervello recupera il momento in cui abbiamo citato il topic.

E si giunge alla conclusione: mi ascoltano e pubblicizzano in modo mirato. Un comportamento quasi complottista, che però dimentica gli altri novantanove argomenti, magari commercialmente anche più redditizi che non sono stati sfruttati.

Insomma, dobbiamo credere alle dichiarazioni dei colossi e alla loro buona fede. Dal canto nostro, come al solito dobbiamo sfoderare il buon senso perché è sempre l’arma di prevenzione principale. Quindi, ogni volta che dialoghiamo attraverso il microfono del telefono, cerchiamo di fare attenzione a quello che diciamo.

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