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Home » News

Diciotti, minacce di morte al pm di Agrigento che ha avviato l’indagine su Salvini

Immagine di copertina
Luigi Patronaggio

Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio è stato minacciato di morte. Una busta, contenente un grosso proiettile con scritte minacciose, è stata recapitata al magistrato che ha coordinato la prima fase dell’inchiesta sulla nave Diciotti che vede indagato il ministro dell’Interno Matteo Salvini per sequestro di persona aggravato.

Sulle minacce di morte la procura di Caltanissetta, competente per territorio, ha aperto un’inchiesta.

“Stiamo aspettando la trasmissione del fascicolo con la relazione – ha spiegato all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone -. Sono stato avvertito telefonicamente e attendo gli atti”.

La busta con il grosso proiettile è stata recapitata al Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, nel suo ufficio al Palazzo di Giustizia. Dell’inchiesta si occupano i Carabinieri e la Questura di Agrigento. Non è la prima volta che Patronaggio riceve lettere di minacce. Nei mesi scorsi ne sono arrivate altre.

“Zecca sei nel mirino…”: è una delle frasi, scritte con un pennarello nero, contenute nella lettera di minacce al Procuratore contenente anche un proiettile militare.

Presente sulla busta poi un simbolo di Gladio, l’organizzazione paramilitare clandestina vicina ad ambienti dell’ultradestra.

In Prefettura è stato convocato, dal prefetto Dario Caputo, un comitato per l’ordine e la sicurezza. Nella missiva contro il procuratore capo di Agrigento, peraltro, ci sarebbero parole e minacce definite “molto pesanti”. La pista seguita sarebbe quella di un’organizzazione di estrema destra.

Caso Diciotti

La notte tra il 25 e il 26 agosto è stato completato lo sbarco dei 137 migranti ancora a bordo della nave Diciotti, che sono scesi uno dopo l’altro dalla nave della Guardia costiera, ormeggiata al porto di Catania per 5 giorni.

I migranti sono stati trasferiti in un centro di accoglienza di Messina in attesa delle destinazioni successive, in base alle disponibilità ottenute dal governo: una ventina in Albania, altrettanti in Irlanda, un centinaio preso in carico dalla Conferenza episcopale italiana, in base all’accordo con il Viminale.

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