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Home » Salute

L’Università di Tor Vergata ha inventato un “orgasmometro” per misurare l’intensità del piacere femminile

Immagine di copertina

Il 62,8 per cento delle donne che hanno partecipato alla ricerca si masturbava più di una volta alla settimana, e tanto più frequente è l'autoerotismo tanto più alta è l'intensità dell'orgasmo

L’Università di Roma Tor Vergata ha messo a punto un orgasmometro, un test per misurare il piacere sessuale femminile. A guidare la ricerca è stato Emmanuele Jannini, che insegna endocrinologia e sessuologia medica all’Università Tor Vergata ed past president della Società italiana di Andrologia e Medicina Sessuale.

L’orgasmometro è un test anonimo da fare sul web la cui struttura è simile a quella dei questionari che misurano l’intensità del dolore,

“La conoscenza di sé, quasi un allenamento al piacere, facilitano l’orgasmo. Trascurare la propria dimensione sessuale, per le donne ancor più che per gli uomini, non sembra far bene al raggiungimento del piacere. Che lungi dal diminuire, almeno nelle fasce d’età che abbiamo osservato sembrerebbe aumentare con il tempo”, ha detto al quotidiano La Repubblica.

L’orgasmometro misura “la percezione dell’intensità soggettiva dell’orgasmo nelle donne” e i risultati del test sono stati pubblicati sulla rivista Plos One.

“Quel che osserviamo è solo la punta dell’iceberg di un mondo molto complesso”, spiega però Jannini. I risultati del test sono molto variegati. A differenza dell’orgasmo maschile, che quando viene raggiunto è sempre intenso, quello femminile presenta diversi livelli di intensità.

Sono state 526 le donne che hanno partecipato alla ricerca, in maggioranza appartenenti a un campione tra i 19 e i 35 anni. Quello che si è osservato è che l’intensità degli orgasmi aumentava con l’età e che il coinvolgimento sentimentale non influisce sull’intensità dell’orgasmo provato.

“Il 62,8 per cento di loro si masturbava più di una volta alla settimana. Tanto più frequente era l’autoerotismo, tanto più alti i valori dell’intensità dell’orgasmo”, hanno detto i ricercatori.

“Sappiamo che il perdere il controllo, il mollare le redini, sono requisiti essenziali per il piacere femminile. Allo stesso tempo però è importante conoscersi, direi quasi allenarsi in senso fisico e mentale all’orgasmo. E questo può passare attraverso la masturbazione”, hanno specificato ancora.

Jannini ha inoltre spiegato quali sono gli “ingredienti” che permettono di avere un orgasmo intenso: riconoscere i segnali del proprio corpo, abbandonarsi a questi, capire quando è il momento di perdere il controllo.

L’uomo raggiunge un orgasmo intenso quasi in ogni condizione, ma per le donne si tratta si qualcosa di molto meno scontato.

“L’orgasmometro” di cui parla Jannini nel suo articolo su PLoS One non misura niente e non ha nessuna utilità scientifica. A dirlo è il medico sessuologo Vincenzo Puppo, che ha anche spiegato perché l’orgasmo vaginale non esiste. Qui la replica all’articolo di Jannini: Orgasmometro: un’altra bufala sessuologica?

Perché alcune donne non riescono a raggiungere l’orgasmo, secondo la scienza

L’orgasmo è un tema molto delicato per parecchie donne.

Secondo una ricerca della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), il 30,1 per cento delle donne prese in esame non riesce a raggiungerlo, mentre il 26,9 per cento ha seri problemi di lubrificazione vaginale.

Un altro studio, condotto dalla dottoressa del Primary Care Sciences Research Centre alla Keele University di Staffordshire Kate Dunn, ha mostrato che il 34 per cento delle donne che hanno partecipato allo studio non riesce a raggiungere l’orgasmo durante il rapporto sessuale, mentre il 45 per cento non riesce a provare piacere nemmeno attraverso la masturbazione.

Ne risulta che solo il 14 per cento delle donne tra i 19 e gli 83 riesce a raggiungere costantemente l’orgasmo durante i propri rapporti.

Ma che cosa rende così irraggiungibile, per queste donne, l’apice del piacere?

A parte le varie analisi che dipingono come responsabili della mancanza dell’orgasmo durante il rapporto sessuale i tabù sociali legati al sesso, la poca conoscenza del corpo e dell’anatomia femminile o la visione fallo-centrica dell’intimità, alcuni scienziati hanno scoperto nuove ragioni legate all’evoluzione darwiniana.

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha dato una ragione legata all’evoluzione, e al passato: secondo gli scienziati, infatti, un tempo l’impennata  ormonale causata dall’orgasmo femminile era funzionale a permettere alle donne di rimanere incinte.

La scoperta è stata fatta dopo aver condotto uno studio sull’anatomia e sul comportamento dei mammiferi con la placenta, che ha svelato un collegamento tra l’orgasmo femminile e il rilascio degli ovuli.

Questo ruolo biologico assegnato all’impennata ormonale femminile è sopravvissuto in alcuni mammiferi con la placenta, ma non negli esseri umani, per i quali l’orgasmo è rimasto semplicemente un piacere non legato alla gravidanza.

Una delle coautrici dello studio EZ-Molecular and Developmental Evolution, la dottoressa Mihaela Pavličev, ha spiegato: “È importante sottolineare che l’orgasmo femminile necessario alla gravidanza non assomigliava all’orgasmo femminile umano attuale”.

Lo studio ha rivelato anche che un tempo l’ovulazione e le mestruazioni erano indotte dalla penetrazione maschile, prima di diventare spontanee e manifestarsi in regolari cicli mensili.

Dal momento in cui, grazie all’evoluzione, le mestruazioni femminili si sono regolarizzate, l’orgasmo ha perso la sua funzione riproduttiva, diventando superfluo.

Tuttavia, non si spiega il motivo per cui esso abbia continuato a esistere.

Secondo Pavličev, per esempio, l’impennata ormonale si è rifunzionalizzata, orientandosi verso nuovi scopi: “Non possiamo escludere che l’orgasmo femminile abbia effettivamente optato per qualche altra funzione dopo aver perso quella legata alla riproduzione”.

Un’ulteriore conferma della teoria dell’evoluzione dell’orgasmo femminile è il fatto che i mammiferi dotati di placenta hanno il clitoride più vicino alla vagina rispetto agli esseri umani, o addirittura al suo interno, cosa che sottolinea l’inutilità – a livello biologico e riproduttivo – dell’impennata ormonale nelle donne.

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