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Dopo il disastro di Genova, la Regione Sicilia: “È ora di fare il ponte sullo Stretto”

Immagine di copertina
Simulazione grafica del ponte sullo Stretto di Messina

L'assessore alle Infrastrutture Marco Falcone parla a TPI: "La scommessa è severa, ma ne vale la pena"

Se ne sta a guardare come una garguglia quel camion, dinanzi al baratro, impietrito e impassibile. Come i calcinacci che hanno fagocitato le altre autovetture, ora inanimate.

Il crollo del ponte autostradale Morandi, in parte disciolto nell’acqua del torrente Polcevera, ha provocato allo stato attuale 39 morti accertati, tra cui tre bambini di 8, 12 e 13 anni, seppelliti dalle macerie con i loro veicoli. I feriti sono 16, di cui 12 in codice rosso. Tra questi ultimi, 2 sono stati travolti nelle loro abitazioni dalla rovinosa caduta di parti della struttura in calcestruzzo, finendo perciò schiacciati.

Il Comune di Genova ha reso noto l’opera di evacuazione delle abitazioni: sono 440 le persone costrette a lasciare la propria casa e 11 sono i palazzi finora liberati dalla Protezione Civile.

La tragedia del capoluogo ligure, nel giorno prima di Ferragosto, ha innescato un nuovo dibattito, non soltanto sullo stato degli innumerevoli ponti italiani a rischio elevato, ma anche sull’omerica impresa del ponte sullo Stretto di Messina.

Solo lo scorso febbraio, il Governo della Regione Sicilia proponeva di porre la prima pietra entro il 2023, alla fine dell’attuale legislatura. La giunta di Governo, nella persona dell’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone, annunciava l’accordo con le società di traghettamento e gli amministratori di Ferrovie e Anas, formalizzando così il nuovo impegno al proseguimento del corridoio Berlino-Palermo.

Poi il no del successore di Graziano Delrio, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli, che in un’intervista a Panorama definiva “un colossale investimento in perdita, non strategico e molto costoso” la grande opera.

Un sondaggio dell’Istituto Swg, pubblicato appena il 13 agosto su Il Sole 24 Ore, con un campione di 1.000 italiani maggiorenni, ha rivelato l’opinione diffusa sul tema delle infrastrutture.

In esame, non solo l’impianto siderurgico Ilva di Taranto, già al centro del dibattito politico, ma anche la Tav e il Tap: il fronte del sì vince su tutte le infrastrutture strategiche eccetto il ponte sullo Stretto di Messina, unico caso a contrarre un sonoro “no”.

“La mia posizione sul ponte è sempre stata e rimane favorevole”, conferma a TPI l’assessore alle infrastrutture della Regione Sicilia, Marco Falcone, che precisa: “Tra un anno il Governo Musumeci porterà a compimento diversi interventi: sistemazione delle A/18 e A/20 tramite CAS, e A/19 tramite Anas. Inoltre faremo partire alcuni importanti lavori ferroviari come la Bicocca-Catenanuova e la Ogliastrillo-Castelbuono”.

“A ciò si aggiungeranno diversi interventi su numerose arterie di competenza delle ex Province. Allora sì che la Sicilia avrà le carte in regola per rilanciare sull’unica opera che permetterà la continuità territoriale, abbassando, quantomeno per i mezzi pesanti, i tempi di percorrenza di almeno 3 ore”.

Quanto al sondaggio, “gli italiani hanno espresso un’opinione contraria condizionati da un’informazione strumentale che contesta la realizzazione del ponte in assenza di un’infrastrutturazione complessiva isolana. La scommessa è severa, ma ne vale la pena”.

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