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Home » Esteri

Gli Stati Uniti si sono opposti a una risoluzione dell’Oms in favore dell’allattamento al seno

Immagine di copertina
Credit: Marie Bienaimé / BSIP

I funzionari statunitensi avrebbero ricattato le delegazioni di altri paesi, tra cui l'Ecuador, spingendoli a fare un passo indietro. Alla fine la risoluzione è stata approvata grazie ai russi

I benefici dell’allattamento al seno sono stati provati da una serie di studi pubblicati nel corso di decenni. Per questo all’Assemblea mondiale della sanità, organo legislativo dell’Organizzazione mondiale della sanità, sembrava scontata che la risoluzione per incoraggiare l’utilizzo del latte materno sarebbe stata approvata senza problemi.

Invece, a maggio 2018 la delegazione statunitense è intervenuta per ribaltare (senza successo) l’esito del voto, schierandosi dalla parte degli interessi dei produttori di latte artificiale. La notizia è stata riportata l’8 luglio dal New York Times e da altri quotidiani internazionali.

La risoluzione sancisce che il latte materno è più salutare per i bambini e che i paesi dovrebbero sforzarsi di limitare la commercializzazione imprecisa o fuorviante dei suoi sostituti.

Secondo il NYT, l’amministrazione Trump non si è solo opposta alla risoluzione, ma ha anche minacciato le delegazioni di paesi che volevano introdurre la misura.

In un primo momento, gli Stati Uniti hanno provato ad abbassare il tono della risoluzione. Non volevano che il documento chiedesse ai paesi di “proteggere, promuovere e supportare l’allattamento al seno”, riducendo anche le richieste di limitare la commercializzazione di prodotti alimentari considerati dannosi per i bambini.

Una volta fallito questo tentativo, sarebbero passati alle minacce ai delegati, come riporta il quotidiano statunitense citando fonti diplomatiche e governative che hanno partecipato alla discussione.

Uno dei paesi che si sono trovati sotto questo “ricatto” è stato l’Ecuador, che aveva pianificato di adottare la risoluzione ma dietro le minacce di ritorsioni economiche statunitensi ha fatto un passo indietro.

Gli attivisti per il diritto alla salute hanno provato quindi a trovare un nuovo sponsor per la risoluzione, ma una decina di paesi, la maggior parte dei quali sono nazioni povere in Africa e America Latina, hanno fatto marcia indietro, parlando del timore di ritorsioni, secondo i funzionari di Uruguay, Messico e Stati Uniti.

“Siamo rimasti stupiti, sbalorditi e anche rattristati”, ha detto Patti Rundall, direttrice politica del gruppo britannico Baby Milk Action, che ha partecipato alle riunioni dell’assemblea dalla fine degli anni Ottanta. Rundall ha parlato apertamente di un “ricatto”, con “gli Stati Uniti che tengono in ostaggio il mondo e cercano di rovesciare quasi 40 anni di consenso sul modo migliore per proteggere la salute dei neonati e dei bambini”.

Alla fine, tuttavia, il tentativo degli statunitensi è fallito dopo l’intervento della Russia in favore della risoluzione. Sui russi sembra che gli Stati Uniti non abbiano esercitato pressioni.

Il Dipartimento di Stato statunitense non ha voluto commentare la questione, mentre un portavoce del Dipartimento per la Sanità, che ha voluto restare anonimo, ha scritto: “La risoluzione come originariamente redatta poneva inutili ostacoli alle madri che cercavano di fornire nutrimento ai propri figli. Riconosciamo che non tutte le donne sono in grado di allattare al seno per una serie di motivi. Queste donne dovrebbero avere la scelta e l’accesso alle alternative per la salute dei loro bambini, e non essere stigmatizzate per i modi in cui sono in grado di farlo”.

Le lobby dell’industria del cibo per l’infanzia erano presenti agli incontri avvenuti a Ginevra, in Svizzera, ma non ci sono prove che ci siano loro dietro la posizione degli Stati Uniti. Questo tipo di industria vale 70 miliardi di dollari a livello mondiale ed è dominata da società statunitensi ed europee.

Uno studio pubblicato nel 2016 su The Lancet ha rilevato che l’allattamento universale al seno impedirebbe 800mila morti infantili all’anno in tutto il mondo e frutterebbe 300 miliardi di dollari in risparmi derivanti da costi sanitari ridotti e migliori risultati per i bambini nutriti con latte materno.

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