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Chi era Giorgio Almirante

Immagine di copertina
Giorgio Almirante, storico segretario del Movimento Sociale Italiano, è morto nel 1988

Breve biografia dello storico segretario del Movimento Sociale Italiano, tornato agli onori della cronaca per la possibile intitolazione alla sua memoria di una strada di Roma

Nella serata di giovedì 14 giugno 2018 ha suscitato forti polemiche la notizia della possibile intitolazione di una strada di Roma a Giorgio Almirante, storico segretario del Movimento Sociale Italiano.

S&D

Il Consiglio comunale capitolino ha approvato una mozione in tal senso presentata da Fratelli d’Italia. Il Movimento Cinque Stelle, gruppo di maggioranza che sostiene la sindaca Virginia Raggi, ha votato a favore.

Nelle ore successive la sindaca ha annunciato che impedirà l’intitolazione presentando una mozione contraria.

La notizia, nel frattempo, ha però innescato dure reazioni, tra cui in particolare quella della comunità ebraica, che ha parlato di “vergogna per la storia” di Roma.

“Chi ha ricoperto il ruolo di segretario di redazione del Manifesto per la Difesa della Razza, senza mai pentirsene, non merita una via come riconoscimento”, ha sottolineato la comunità ebraica.

Di seguito una breve biografia di Almirante.

Chi era Giorgio Almirante

Giorgio Almirante nacque a Salsomaggiore, in provincia di Parma, il 27 giugno 1914.

Il padre, Mario, origine aristocratiche molisane, era attore e direttore di scena nella compagnia artistica della famosa attrice Eleonora Duse, nota anche per aver avuto una relazione con lo scrittore Gabriele D’Annunzio.

Giorgio trascorse i suoi primi dieci anni di vita in giro per l’Italia al seguito della compagnia teatrale. Successivamente la famiglia si stabilì prima a Torino e poi a Roma.

Durante l’adolescenza Almirante si avvicinò agli ideali del fascismo, che nel frattempo aveva preso il potere in Italia.

Il giovane si iscrisse all’associazione Giovani Universitari Fascisti e iniziò a scrivere per la rivista fascista Il Tevere.

Nel 1938, a 24 anni fu tra i firmatari del Manifesto della Razza, documento che fu il prologo delle leggi razziali varate dal duce Benito Mussolini.

Almirante divenne poi capo redattore della rivista La difesa della razza.

Durante la guerra fu corrispondente dal fronte libico al seguito della Divisione 23 marzo delle Camicie nere.

Dopo l’8 settembre 1943 e l’armistizio firmato dal generale Badoglio, Almirante aderì alla Repubblica Sociale Italiana (Rsi), regime sostenuto dalla Germania nazista e dal duce decaduto Mussolini.

Fu nominato capo gabinetto del ministero della Cultura popolare.

Finita la guerra, pur non essendo ufficialmente ricercato, rimase in clandestinità fino al settembre 1946.

Secondo alcune testimonianze, avrebbe trascorso questo periodo trovando rifugio da un amico di famiglia ebreo che a sua volta era stato nascosto da Almirante durante i rastrellamenti fascisti.

Il 26 dicembre 1946, a 32 anni, Giorgio Almirante partecipò alla costituzione del Movimento Sociale Italiano e l’anno successivo ne divenne segretario nazionale.

In quel periodo fu condannato a un anno di confino per apologia al fascismo, ma la pena fu sospesa.

Alle elezioni politiche del 1948, dopo una campagna elettorale segnata da forti tensioni e scontri, fu eletto deputato.

Sposato con Gabriella Magnatti, l’anno seguente divenne padre: chiamò la sua prima figlia come la madre, Rita.

Nel 1950 Almirante fu sostituito alla guida del Msi da Augusto De Marsanich e divenne capo della corrente di opposizione interna della cosiddetta “sinistra” missina.

Nel 1952 conobbe Assunta Stramandinoli, moglie del marchese Federico de’ Medici, 21 anni più vecchio di lei: Almirante e Assunta si innamorarono e sei anni dopo ebbero una figlia, Giuliana. Si sposarono nel 1969.

In quello stesso anno, dopo la morte del segretario Arturo Michelini, Almirante tornò alla guida del Msi.

Tornato in carica, il leader operò un rinnovamento nell’ideologia del partito,c he fu definito come la “politica del doppiopetto”: in sostanza, Almirante spostò il Msi su posizioni di maggiore apertura rispetto al sistema politico italiano, pur non abbandonando le rivendicazioni dell’eredità fascista.

“Il Msi non è totalitario ma ritiene lo stato diverso e superiore al partito, non è nostalgico ma moderno, non è nazionalista ma europeista, non è conservatore-reazionario ma socialmente avanzato”, dichiarò.

Nel 1971 il Msi, sulla base di un accordo con la Democrazia Cristiana, fu determinante per l’elezione a presidente della Repubblica di Giovanni Leone.

Alle elezioni dell’anno successivo il partito raggiunse il suo massimo storico, ottenendo l’8,7 per cento dei voti alla Camera e il 9,2 per cento al Senato.

Nel 1973 il parlamento votò a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Almirante per il reato di ricostituzione del partito fascista. Il voto ebbe forti conseguenze sul piano politico, ma al provvedimento non fu mai data esecuzione a livello giudiziario.

Pur essendo favorevole al divorzio, avendone anche usufruito personalmente, nel 1974 si adeguò alla maggioranza del partito e sostenne l’abrogazione della legge sul divorzio nel referendum dello stesso anno.

Nel 1983 Almirante fu ricevuto per la prima volta in via formale dal presidente del Consiglio incaricato, Bettino Craxi, nell’ambito delle consultazioni per il nuovo governo.

L’anno successivo fece notizia la sua partecipazione ai funerali a Roma di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano.

Nel 1987 le sue condizioni di salute si aggravarono e fu costretto a lasciare la segreteria dell’Msi a Gianfranco Fini.

Giorgio Almirante morì a Roma il 22 maggio 1988, all’età di 74 anni, in seguito a un’emorragia cerebrale.

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