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Home » Salute

I nostri letti sono più sporchi dei nidi usati dagli scimpanzé per dormire

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Secondo uno studio condotto dai ricercatori della North Carolina State University i letti usati dall'uomo sono pieni di batteri, molto di più dei nidi usati dagli scimpanzé

I nidi usati dagli scimpanzé per dormire sono più puliti dei nostri letti.

A rivelarlo uno studio condotto dai ricercatori della North Carolina State University e pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science.

Megan Thoemmes, la ricercatrice che ha guidato l’indagine, ha spiegato che “più di un terzo dei batteri trovati nei letti umani proviene dal nostro stesso corpo, che si tratti di batteri della pelle, orale o fecale”.

Thoemmes ha condotto la ricerca in Tanzania e con i suoi collaboratori ha raccolto 41 tamponi provenienti dai “letti” usati dagli scimpanzé.

I tamponi hanno rivelato che i nidi di queste scimmie avevano “un numero significativamente inferiore di batteri corporei rispetto a quelli presenti nei letti di una famiglia umana media”.

Abbiamo trovato pochissimi microbi nei nidi degli scimpanzé. È stato un po’ sorprendente”, ha spiegato la ricercatrice.

Il team ha analizzato più nello specifico 15 nidi di scimpanzé alla ricerca di pidocchi o zecche: solo in 4 casi ne sono stati trovati e in minima parte.

È stato calcolato che fino a un terzo del peso di un cuscino usato per dormire potrebbe essere costituito da pelle morta, acari della polvere e loro feci.

Un piumino di una famiglia può contenere circa 20mila acari, mentre il materasso potenzialmente potrebbe contenerne anche 10 milioni.

“É stato sorprendente constatare che nei ‘letti’ degli scimpanzé c’era una selezione più diversificata di microbi, ma questi sembrano provenire dall’ambiente vicino ai nidi piuttosto che dagli scimpanzé” ha detto Thoemmes.

Lo studio condotto dalla North Carolina State University ha concluso che “gli esseri umani hanno creato degli ambienti per dormire in cui la nostra esposizione ai microbi presenti nel suolo e nell’ambiente è quasi nulla” aggiungendo però che “siamo circondati da microbi meno diversificati che provengono principalmente dai nostri corpi”.

Questo, secondo Thoemmes “potrebbe aver aumentato la nostra vulnerabilità alle allergie” aggiungendo che “in un certo senso, i nostri tentativi di creare un ambiente il più pulito possibile lo hanno reso meno ideale”.
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