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Elezioni 2018: il testo integrale del discorso-dimissioni di Renzi

Immagine di copertina
Matteo Renzi.

Il segretario del Pd, che ha parlato alla sede del partito al Nazzareno, non ha risposto alle domande dei cronisti presenti, pronunciando questo discorso all'indomani delle elezioni del 4 marzo 2018, che hanno segnato una pesante sconfitta per la sua coalizione

Il 5 marzo 2018, il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi ha parlato in conferenza stampa dopo i risultati delle elezioni politiche 2018, che hanno segnato una pesante sconfitta per il suo schieramento politico.

Il Pd ha registrato un pesante calo dei consensi, ottenendo meno del 20 per cento dei voti, 2 milioni in meno di quelli ottenuti alle politiche del 2013. Nel collegio uninominale di Firenze (Senato) Renzi ha tuttavia vinto con oltre il 44 per cento dei voti.

Il segretario “dimissionario”, che ha parlato alla sede del Pd al Nazzareno, a Roma, non ha risposto alle domande dei cronisti presenti, limitandosi solamente a pronunciare questo discorso, che riportiamo qui nella sua veste integrale.

“Abbiamo riconosciuto con chiarezza la sconfitta. Dobbiamo aprire una pagina nuova”, esordisce il segretario.

“No a inciuci e no a segretari calati dall’alto. Come previsto dallo Statuto ho già chiesto al presidente del Pd Orfini di convocare un’assemblea nazionale per aprire la fase congressuale al termine dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo”.

“Siamo orgogliosi dello straordinario lavoro di questi anni ma la debacle è evidente. L’Italia ha una situazione politica per cui chi ha vinto non ha i numeri per governare. Una situazione che nasce dalla vicenda referendaria di un anno fa”, continua Renzi.

“La più grande bugia è ‘non faremo mai accordi’. Mostrino il loro valore se ne sono capaci. Il nostro errore principale è stato non capire che bisognava votare in una delle due finestre del 2017, con la Francia o con la Germania. In questa campagna siamo stati troppo tecnici. Se a questo sommiamo il vento estremista che siamo riusciti a fermare nel 2014 ma non stavolta comprendiamo come il risultato sia deludente”.

“Il simbolo di questa campagna è il contrasto nel collegio di Pesaro: il centrosinistra ha candidato un ministro che ha fatto un lavoro straordinario con il problema dei migranti, ovvero Marco Minniti. Eppure Cecconi, il candidato M5S impresentabile per definizione degli stessi 5Stelle, ha vinto”.

“È ovvio che io lasci la segreteria Pd. Non c’è nessuna fuga. Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta”.

“Non ci sarà un reggente scelto dal caminetto ma un segretario eletto dalle primarie”, dice Renzi.

“Ora si riparte dal basso. Dal territorio. Non solo le periferie geografiche, ma anche quelle della quotidianità”.

E continua: “No inciuci, no ai caminetti ristretti di chi immagina il Pd come luogo di confronto dei soli gruppi dirigenti, no a ogni forma di estremismo”.

“Restituiamo le chiavi di una casa in ordine e tenuta bene. Il Pil è aumentato, l’export è migliorato, sono aumentati i posti di lavoro. Siamo orgogliosi dei risultati e siccome vogliamo bene all’Italia speriamo che quelli che sembrano pronti a prendere le redini del paese facciano meglio di noi”.

“Noi saremo una opposizione leale. Società aperta contro società chiusa, verità contro fake news, diritti contro intolleranze, lavoro contro sussidi, giustizia fiscale contro flat tax, cultura contro il fai da te. Sono solo alcune ragioni per cui non potremmo mai fare un governo con forze antisistema”.

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