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Home » Ambiente

Burian Bis: quando arriva e come prepararsi alla neve e al gelo

Immagine di copertina
Andrea Ronchini/NurPhoto

Dopo l'ondata di Burian di fine febbraio, è stato confermato che un'altra bufera di aria gelida proveniente dalla Russia colpirà l'Italia dal 20 marzo 2018, proprio il giorno dell'equinozio di primavera: si tratta di Burian Bis

Dopo l’ondata di Burian di fine febbraio, è stato confermato che un’altra bufera di aria gelida proveniente dalla Russia colpirà l’Italia dal 20 marzo 2018, proprio il giorno dell’equinozio di primavera: si tratta di Burian Bis.

Secondo quanto rilevato dal modello metereologico americano GFS, Burian Bis colpirà la penisola portando forti perturbazioni, temperature gelide e neve, specialmente nell’area settentrionale.

Ma che cos’è Burian, da dove viene e perché si chiama così?

Il termine Burian si riferisce a un vento gelido, proveniente da nord-est, che tira durante l’inverno sopra le steppe siberiane e kazake in direzione dei monti Urali e le pianure della Russia europea.

L’etimologia deriva dal russo e la parola viene solitamente associata alle tormente nevose che colpiscono durante l’inverno la Russia.

Questo vento soffia con grande intensità, accompagnato da bufere formate da piccoli fiocchi gelati di neve farinosa, che cade con temperature sotto i meno 20 gradi centigradi, e da fenomeni di “scaccianeve”, i turbini di neve fatti sollevare dalle forti raffiche di vento, che portano a drastiche riduzioni di visibilità.

Superata gli Urali, il vento gelido invade le pianure Sarmatiche e molte volte anche l’Europa, portando un consistente calo delle temperature, che arrivano anche a meno 12 gradi in appena 24 ore.

A fine autunno e inizio inverno, le vaste pianure, gli altopiani e le steppe, tra la Siberia, il Kazakistan, la Mongolia e le altre ex repubbliche sovietiche dell‘Asia centrale, a nord del mar Caspio, sono interessate da un forte raffreddamento, noto anche come “raffreddamento pellicolare”.

Questo “raffreddamento pellicolare” è causato da vari fattori, come l’aria secca, la riduzione della luce solare durante il giorno e la lontananza dell’azione mitigatrice di qualsivoglia mare o oceano.

In questo modo, nei mesi di dicembre e gennaio, alcune parti della Siberia centro-orientale possono raggiungere anche i meno 60 gradi, sviluppando uno strato di aria gelida e molto pesante che origina il famoso anticiclone termico russo-siberiano.

A differenza però dei tradizionali anticicloni dinamici, come quello delle Azzorre, che portano bel tempo, Burian, essendo strutturato solo agli strati più bassi della troposfera, può portare tempo brutto, con forti venti e nevicate.

Fortunatamente Burian non si estende dalle steppe siberiane fino al cuore dell’Europa tutti gli inverni, ma solo in determinate circostanze: è quello che i meteorologi chiamano “Ponte di Weikoff”.

Si tratta di una una configurazione tipicamente invernale, conseguenza di un particolare tipo di collocamento di alte e basse pressioni in Europa.

In pratica, l’anticiclone russo-siberiano, in condizioni favorevoli ma unicamente nella stagione invernale, a volte riesce a farsi spazio fin sui Balcani e, raramente, anche in Italia.

Ciò avviene quando l’elevazione verso nord dell’anticiclone delle azzorre trova l’appoggio dell’anticiclone russo siberiano nell’Europa centro-orientale.

Queste due importanti figure anticicloniche, a questo punto, si fondono formando il ponte di Weikoff.

Se il “Ponte di Weikoff”è abbastanza robusto e duraturo, come avvenuto a febbraio 2018 e nello stesso mese del 1956, l’aria gelida, proveniente dalle steppe siberiane, può attraversare l’intera Europa muovendosi da est ad ovest, con vari nuclei di venti freddi che dalla Russia sono capaci di spingersi fino all’Italia, alla Francia e alla penisola Iberica, conservando gran parte del loro contenuto gelido.

I ventivengono così trascinati verso sud-ovest, favorendo la nascita di scontri termici con le masse d’aria più temperate presenti sull’Europa.

L’avvento di questi contrasti può portare alla formazione di una nuvolosità bassa e diffusa, in grado di generare nevicate sulle zone pianeggianti e perfino sulle coste.

Gli scontri termici con l’aria più tiepida e più umida che si trova in Europa diventano molto forti e pronunciati, portando ampie linee di instabilità che si spingono da est a ovest giungendo, in alcuni casi, in Italia.

In genere, quando l’aria gelida, di origine russa, arriva al Mediterraneo, mescolandosi con un’aria molto più mite e umida, i contrasti termici sono cosi intensi da creare delle forti aree di vorticità positiva che generano una zona di bassa pressione ben strutturata nei medi e bassi strati della troposfera.

Oltre a causare intense ondate di maltempo, queste aree cicloniche mediterranee possono originare fenomeni nevosi fino a bassissima quota.

Ma Burian, nelle situazioni più critiche e rare, può causare anche a vere e proprie tempeste di neve, anche sulle coste del Mediterraneo.

Perché ciò avvenga è necessario che l’aria gelida al suolo si sovrapponga all’aria molto fredda negli strati superiori della troposfera.

Ad esempio, quando la formazione di una zona di bassa pressione mediterranea, sviluppatasi dopo che l’aria gelida dalle steppe russe si è versata sul “mare Nostrum”, viene agganciata in quota da una grossa “goccia” fredda colma di aria gelida, allora saremo di fronte ad una vera “bomba di neve”, con l’arrivo di vere e proprie tormente.

Tra l’Ottocento e la prima parte del Novecento, le ondate di Burian in Europa e in Italia erano molto più frequenti rispetto ad oggi.

Ogni volta che il vento gelido siberiano varcava gli Urali, l’Europa batteva i denti e in quasi tutti i paesi, a parte l’area del Mediterraneo, si scendeva abbondantemente sotto zero, con valori anche sotto i meno 30 gradi, ghiacciando fiumi, laghi, e persino le acque interne dei principali porti.

Fu così che si generarono gli storici inverni del febbraio 1929 e 1956, che ancora oggi vengono citate e studiate da migliaia di meteoappasionati e amanti del freddo e della neve.

Durante quelle annate il gelo tinse di bianco l’intera penisola.

L’Italia, in quelle rarissime occasioni, vide la neve fino alle coste su buona parte del territorio nazionale.

Negli anni a venire, si ricordano gli episodi di Burian del marzo 1971, gennaio 1985, febbraio 1991 e del febbraio 1996, quando si formarono intense gelate, soprattutto sulle regioni centro-settentrionali, con valori perennemente inchiodati sotto la soglia degli zero gradi.

Proprio come è avvenuto lo scorso febbraio e come, molto probabilmente, avverrà alla vigila della primavera di questo 2018 siberiano.

Come prepararsi al vento e al gelo

Alla luce di questa imminente ondata di freddo, è bene prepararsi per evitare di incappare in malanni.

Innanzi tutto è consigliabile indossare pantaloni o collant di lana evitando di indossare i jeans.

La lana è un perfetto isolante termico naturale, che allo stesso tempo permette alla pelle di respirare.

Il tessuto di jeans al contrario tende a gelare.

Altro consiglio “della nonna” è quello di vestirsi a strati, soprattutto se si trascorrono molte ore in un ambiente chiuso e riscaldato, per evitare di subire un brusco sbalzo termico quando si esce.

Mai dimenticarsi poi di indossare una canottiera o almeno un body termico per tenere sempre il corpo al caldo ed evitare spifferi di freddo letali.

Per quanto riguarda le calzature, è bene accantonare ancora per un po’ le sneakers. Con questo tempo sono preferibili gli anfibi.

Un video della Bbc, invece, mostra i consigli di chi abita in paesi come Russia, Serbia, Canada e Austria, abituati a convivere con temperature glaciali.

Leggi anche: La neve a Roma: foto e video

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