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Elezioni italiane: tre possibili scenari dopo il 4 marzo

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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Dalle urne è probabile che non esca una maggioranza certa. Il presidente della Repubblica avrà quindi davanti a sé diverse opzioni per provare a formare un governo

Sin dall’inizio della campagna elettorale, l’esito delle elezioni del 4 marzo 2018 è apparso estremamente incerto.

Tra i motivi principali c’è lo scenario ormai tripolare che contraddistingue la politica italiana.

Centrodestra, centrosinistra e Movimento Cinque Stelle si spartiscono infatti buona parte dell’elettorato.

Per quanto una delle tre forze possa ottenere una maggioranza relativa di consensi rispetto alle altre, nessuna sembra in grado di prevalere in maniera netta.

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A complicare le cose ci si è messa la legge elettorale. Dopo che, a fine gennaio 2017, la Corte Costituzionale ha bocciato una parte dell’Italicum, a ottobre 2017 il parlamento ha approvato il cosiddetto Rosatellum bis.

Questa nuova legge elettorale prevede un sistema misto: alla Camera 231 seggi saranno assegnati con il sistema maggioritario in altrettanti collegi uninominali (nei quali, quindi, viene eletto esclusivamente il candidato più votato), 386 invece con il sistema proporzionale.

A questi vanno poi aggiunti i 12 seggi degli italiani all’estero, eletti con il proporzionale, e quello uninominale della Valle d’Aosta, che essendo uno solo viene matematicamente assegnato con il sistema uninominale.

Stesso discorso per il Senato, dove 102 seggi saranno assegnati in altrettanti collegi uninominali, e i restanti 207 con il sistema proporzionale, mentre anche qui i sei senatori in rappresentanza degli italiani all’estero saranno eletti con il sistema proporzionale.

In entrambe le Camere, dunque, il 36 per cento dei membri sarà eletto con il sistema maggioritario in collegi uninominali, mentre il rimanente 64 per cento con il proporzionale. Questo meccanismo rende particolarmente complessa la formazione di una maggioranza.

Gli ultimi sondaggi diffusi a due settimane dal voto hanno confermato come nessuno schieramento abbia possibilità concrete di ottenere da solo la maggioranza dei seggi.

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In questo quadro, il compito del presidente della Repubblica Sergio Mattarella appare particolarmente complesso.

Il capo dello Stato, infatti, come prevede la Costituzione, dovrà assegnare ad un esponente dei partiti o a una figura esterna l’incarico di formare un governo, a condizione ovviamente di ottenere la fiducia da parte del parlamento.

Quali sono quindi le scenari più probabili per il dopo voto, ferma restando la sostanziale impossibilità di formare un governo composto soltanto da un singolo partito o coalizione?

Governo di larghe intese tra centrosinistra e Forza Italia

L’ipotesi che è considerata più probabile da diversi commentatori è quella di un governo composto dalla coalizione di centrosinistra e da Forza Italia.

Si tratterebbe di una sostanziale riedizione delle larghe intese del 2013, quando l’esecutivo di Enrico Letta era appoggiato da uno schieramento analogo (Berlusconi ritirò poi l’appoggio al governo Renzi, nel frattempo subentrato a Letta come primo ministro, dopo l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica).

Un accordo di questo tipo taglierebbe fuori l’ala anti-europeista e sovranista del centrodestra, quella composta dalla Lega di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia.

Sarebbe un “patto tra moderati” che permetterebbe all’Italia di mantenere stabilità e di presentarsi con le carte in regola alle istituzioni europee.

Proprio per questi motivi, la soluzione potrebbe risultare particolarmente gradita al capo dello Stato.

Tuttavia, per la realizzazione di un simile scenario sarebbe necessaria la rottura della coalizione di centrodestra che si è presentata unita alle elezioni.

Non solo: senza la Lega e Fratelli d’Italia, il partito di Silvio Berlusconi si troverebbe in minoranza all’interno di questa grande coalizione, poiché con ogni probabilità alle urne otterrà, da solo, meno voti del Partito Democratico.

Ciò significa che, per una questione di rapporti di forza, il Pd avrebbe il diritto, come nel 2013, di avere un proprio esponente come premier, nonché un numero più elevato di ministri.

Questo a meno che Mattarella non opti per una figura super partes che possa comunque risultare gradita sia al centrosinistra che a Forza Italia.

In ogni caso, lo stesso Berlusconi ha affermato che, dopo la vicenda dell’elezione di Mattarella nel 2015, sarebbe particolarmente difficile ricostruire un rapporto di fiducia reciproca con il segretario dem Matteo Renzi.

Nuove elezioni

Se nessuna ipotesi di coalizione dovesse concretizzarsi, il presidente della Repubblica potrebbe decidere di convocare nuove elezioni.

Tuttavia, il rischio è che nuove consultazioni possano produrre un esito altrettanto incerto, dando vita ad uno stallo da cui poi sarebbe molto difficile tirarsi fuori.

Viene in mente a questo proposito l’esempio della Spagna, che tra il 2015 e il 2016 è rimasta per molti mesi senza governo a causa della difficoltà di trovare un accordo tra le forze politiche, nessuna delle quali era uscita dalle urne con un chiaro mandato degli elettori.

Per queste ragioni, Mattarella potrebbe decidere di formare un governo di scopo, affidato a dei tecnici o comunque a una personalità esterna ai vari partiti, per cambiare la legge elettorale.

L’obiettivo sarebbe quello di tornare a votare con una legge in grado di garantire la formazione di una maggioranza.

Una legge, quindi, che rispetto a quella attuale dovrebbe avere una più marcata componente maggioritaria.

Grande coalizione tra Movimento Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia

Un’altra ipotesi sul tavolo, di più difficile realizzazione rispetto alle precedenti ma non scartabile a priori, è quella di una coalizione tra le forze “sovraniste” e più ostili all’Europa.

Un fronte che comprenderebbe Movimento Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, tagliando fuori tutti i partiti “moderati”.

Sebbene il presidente della Repubblica, per storia e inclinazioni personali, potrebbe non vedere di buon occhio una soluzione di questo tipo, non potrebbe comunque rifiutarsi di prenderla in considerazione qualora fosse l’unica supportata dai numeri in parlamento.

Altre soluzioni

L’apparente fragilità, stando almeno ai sondaggi, dei partiti a sinistra del Pd, passando da LeU fino a Potere al Popolo, rende difficile pensare ad una coalizione formata da Movimento Cinque Stelle e sinistra.

Altrettanto complesso, in questo caso non per ragioni numeriche ma “ideologiche” sembra essere un accordo tra il Movimento Cinque Stelle e il Partito Democratico.

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