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Rapita e venduta a 16 anni da un finto naturopata che ha raggirato la sua famiglia. Storia di Berta in Nicaragua

Immagine di copertina
Una giovane ragazza dipendente dalla colla in un mercato di Managua. Credit: MANOOCHER DEGHATI

La violenza sulle donne in Nicaragua rappresenta un fenomeno molto diffuso. Il paese centramericano è stato tra quelli con il più alto tasso di gravidanze tra le adolescenti di tutta l’America Latina

“Era il 9 luglio, il giorno prima del mio compleanno, quando un signore di Puerto Cabezas è entrato in casa, spacciandosi per naturopata. Ci ha portato ‘un’acqua maligna’, un intruglio prodotto da lui stesso, con il quale ha addormentato tutta la mia famiglia per poi rapirmi e portarmi via con l’inganno”.  Berta* aveva sedici anni quando è stata violentata per la prima volta. Oggi è una delle ragazze assistite dal progetto “PARA!”, della ong bolognese GVC, che fornisce assistenza alle donne che hanno vissuto il trauma della violenza.

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“Io ero piccola, non sapevo cosa stesse facendo quell’uomo. Mi ha portata qui a Matagalpa e il giorno seguente, al compimento del mio sedicesimo anno di età, mi ha accompagnata a Managua. Qui ha iniziato a vendermi in città e in tutto il Nord”, dice Berta, che oggi ha 23 anni e vive nel municipio di Muy Muy di Matagalpa, in Nicaragua. Dopo diversi anni, ha trovato il coraggio di raccontare quello che ha subito.

La sua famiglia pensava di averla persa per sempre. Un anno dopo, il giorno della vigilia di Natale, anche grazie all’aiuto della compagna dell’uomo, è riuscita a tornare a casa.  Ma una volta rientrata a scuola, i ricordi di quanto le era accaduto hanno iniziato ad ossessionarla. “Era come se colpevolizzassi gli altri bambini e nessuno riusciva a controllarmi”, spiega Berta.

Il rapimento era stato solo un nuovo trauma, dopo che lei ha assistito alla violenza nei confronti dei suoi fratelli. “Già molto prima di quello che è successo a me, un drogato che abitava nei pressi del Municipio è entrato nella nostra fattoria. Ha violentato la mia sorellina più piccola e mio fratello”, racconta Berta.

Lei oggi fa parte della Red de Mujeres del Norte, un gruppo di donne che sensibilizza ai temi della violenza sulle donne in Nicaragua e partecipa al progetto “PARA!Donne libere dalla violenza” che GVC, grazie al finanziamento di Europe Aid e alla collaborazione di altri partner locali ha avviato nei Municipi di Muy Muy, Ciudad Darìo, Waslala e Santa Maria di Pantasma.

La violenza sulle donne e sui minori in Nicaragua rappresenta un fenomeno molto diffuso che si è incapaci di contrastare a causa di carenze nell’applicazione della Ley integral contra la violencia hacia las mujeres, approvata nel 2012, che ha tradito le aspettative e le speranze di molte donne nel paese a causa di successive modifiche che hanno reintrodotto la possibilità di mediazione tra aggressore e vittima, oltre ad avere eliminato il carcere per alcune fattispecie di reato.

Nel paese centramericano è diffusa anche la violenza sessuale sotto i quattordici anni. “Negli ultimi anni, il Nicaragua è stato tra i paesi con il più alto tasso di gravidanze tra le adolescenti di tutta l’America Latina, mentre a Muy Muy, uno dei Municipi in cui operiamo, quest’anno ci sono stati tre casi di bambine tra gli 11 e i 13 anni incinte”,  spiega Irma, responsabile del progetto PARA! di GVC, che tra le altre cose offre sostegno alle donne che vogliono sporgere denuncia e sviluppa piccole attività di empowerment economico per sostenere l’indipendenza delle donne.

L’ong ha registrato un crescendo di casi di abusi sessuali. In molti casi la violenza avviene in famiglia e si creano situazioni di famiglie allargate e di promiscuità in cui il reato viene occultato. GVC sostiene inoltre economicamente la casa rifugio delle donne che hanno subito violenza nel comune di Waslala. Strutture come questa non ricevono alcun tipo di sovvenzioni e di sostegno, tanto che il numero di realtà simili nel paese sta progressivamente diminuendo: negli ultimi anni è passato da otto a tre. 

“Alcune comunità dei municipi di Ciudad Darìo sono molto chiuse e le leader dei movimenti femministi non possono entrare perché troppo rischioso”, prosegue Irma. “La leader di una delle associazioni che collaborano con noi è stata aggredita fisicamente in pieno giorno e di fronte ad altra gente, oltre ad essere minacciata di morte, insieme a tutta la sua famiglia e alle sue bambine e ad aver ricevuto un gallo sgozzato sul tetto della casa”, denuncia l’operatrice.

*Berta è un nome di fantasia utilizzato per proteggere l’identità dell’intervistata

Leggi anche: “Mi staccava la pelle a morsi”, la violenza di genere raccontata dalle donne cilene

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