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Home » Esteri

L’India ha eletto il suo nuovo presidente della repubblica

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Credit: Reuters

Si chiama Ram Nath Kovind, è un “intoccabile” e la sua elezione potrebbe rappresentare una mossa decisiva per la conferma del primo ministro Modi nel 2019

L’India ha eletto il suo 14esimo presidente della Repubblica. Si tratta di Ram Nath Kovind, un politico di lungo corso che milita nel partito popolare indiano e che domina il governo guidato dal primo ministro Narendra Modi. 

Il nuovo presidente indiano appartiene ai fuori casta, i cosiddetti “intoccabili”, che si auto-definiscono dalit, letteralmente oppressi, esattamente come la sua sfidante Meira Kumar. Quest’ultima è l’ex portavoce del Congresso nazionale indiano, il principale partito di opposizione che ha guidato il paese per la maggior parte degli ultimi 60 anni e che è stato sconfitto nelle elezioni federali del 2014 proprio da Modi.

In India il presidente della Repubblica è eletto da un collegio elettorale composto da 4.896 tra parlamentari federali e quelli appartenenti alle assemblee legislative locali. Secondo la Costituzione infatti il primo ministro detiene il potere esecutivo mentre il presidente rappresenta la nazione.

Ma questa istituzione, che ha un ruolo non dissimile da quello del presidente della Repubblica italiana, è una figura chiave durante le crisi politiche. Quando per esempio le elezioni generali risultano inconcludenti, è il presidente a decidere a quale partito affidare la responsabilità di formare un governo e cercare la fiducia in parlamento.

La costituzione indiana affida poi a Kovind il potere di nominare e sostituire i governatori generali degli stati federati, i quali, su indicazione del governo, possono avocare a sé tutte le funzioni del governo locale eletto e permettere a New Delhi di amministrare direttamente lo stato in barba ai risultati elettorali.

L’elezione del nuovo presidente ha due risvolti politici: consegnare al partito di Modi un indubbio vantaggio nelle prossime elezioni del 2019 e avere una figura amica nella carica più alta dello stato federale indiano.

Shekhar Gupta, un commentatore politico, ha dichiarato che Kovind non rappresenta un competitor per il primo ministro né in termini di immagine né all’interno del partito. “Kovind non metterà i bastoni tra le ruote al governo Modi, che preferisce governare senza opposizioni e non ama chi cerca di ostacolare i suoi piani”, ha dichiarato Gupta all’agenzia di stampa Reuters.

Kovind, 72 anni, governatore dello stato federato del Bihar e già portavoce del partito al potere, sarà il secondo presidente appartenente alla comunità degli intoccabili della storia indiana, dopo Kocheril Raman Narayanan, in carica dal 1997 al 2002.

Il politico ha sempre mantenuto un profilo basso nella sua carriera e, nonostante la sua provenienza da una comunità tradizionalmente discriminata dall’ultra-destra, è stato descritto come vicino alla Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), un’organizzazione ispirata alle organizzazioni giovanili fasciste italiane e che propone di fare dell’India un paese vivibile solo per la comunità indù.

Lo stesso Kovind, nel 2010, descrisse le tradizioni cristiana e musulmana come aliene all’India.

La sua elezione comunque è stata descritta come un colpo di genio del presidente del partito popolare indiano Amit Shah. La candidatura infatti è stata voluta proprio per mostrare al pubblico l’allontanamento del partito di governo dalle posizioni discriminatorie e razziste che contraddistinguono la base ultra-religiosa del suo elettorato.

Una scelta dettata dal calcolo elettorale per le future elezioni nazionali del 2019, quando il primo ministro Modi cercherà la rielezione per un secondo mandato e il partito avrà l’occasione di accrescere i propri consensi nella comunità degli intoccabili, che rappresenta da sola il 12 per cento della popolazione.

Le elezioni del 2019 potrebbero così confermare Narendra Modi al governo, considerando la recente sconfitta di formazioni politiche regionali tradizionalmente vicine a questa comunità, come il Bsp nello stato dell’Uttar Pradesh dove nelle elezioni di marzo il partito popolare indiano ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi dell’assemblea dello stato.

Sul fronte nazionale, Modi sarà anche avvantaggiato dalla crisi del partito del congresso, un tempo catalizzatore di gran parte dei voti delle minoranze.

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