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Home » Esteri

Il mistero della giudice afroamericana trovata morta in un fiume di New York

Immagine di copertina

Sheila Abdus-Salaam è stata la prima musulmana a coprire questo ruolo nella Corte d'Appello di New York. Sul suo corpo non sono stati rinvenuti traumi o segni di violenza

Sheila Abdus-Salaam era una giudice associata dell’Alta Corte di New York, nonché la prima donna afroamericana a ricoprire questo ruolo. Il suo corpo senza vita è stato rinvenuto mercoledì 12 aprile nel fiume Hudson, che attraversa lo stato e scorre per oltre 500 chilometri sino al confine con il New Jersey. Lo hanno riferito le autorità newyorchesi.

S&D

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I funzionari del dipartimento di polizia di New York hanno risposto a una chiamata di soccorso pervenuta nei loro uffici alle 13:45 (ora locale), che segnalava la presenza di un corpo galleggiante sulla riva a nord di Central Park, nell’Upper Manhattan. 

A identificare il corpo è stato il marito della donna, il reverendo Gregory Jacobs. Il cadavere di Sheila Abdus-Salaam è stato recuperato e adagiato su una banchina del molo ed è stata dichiarata morta poco dopo le 14:00 dai paramedici accorsi sul luogo.

La polizia ha aperto un’inchiesta per far luce sulle dinamiche del caso e capire come la donna fosse finita nel fiume e quanto tempo fosse rimasta immersa nell’acqua.

Secondo le prime dichiarazioni rilasciate dalle autorità, la giudice abitava vicino ad Harlem. Sul suo corpo non sono stati rinvenuti traumi o segni di violenza ed è stata ritrovata completamente vestita. 

Un funzionario di polizia ha detto che gli investigatori per il momento non hanno trovato prove che facciano pensare a un omicidio. 

La carriera folgorante

Nata e cresciuta in una famiglia numerosa e poverissima che viveva a Washington, Sheila aveva conseguito la laurea in Giurisprudenza presso la Colombia University nel 1977. Dopo la scuola di legge, era diventata un avvocatessa a Brooklyn, che difendeva le persone che non potevano permettersi un legale.

Nelle vesti di assistente del procuratore generale presso l’ufficio dei diritti civili del procuratore generale di New York, Sheila aveva vinto una disputa legale che vedeva coinvolte 30 autiste di autobus a New York che avevano fatto causa all’azienda perché discriminate e perché erano state negate loro delle promozioni.

Dal 2013, la giudice Abdus-Salaam era stata uno dei sette giudici della Corte d’Appello dello stato di New York. Prima di allora, la donna aveva ricoperto ruoli di responsabilità tra cui collaborazioni nella prima divisione d’appello della Corte Suprema dello Stato a partire dall’aprile del 2009. Per 15 anni è stata membro della Corte Suprema dello stato di Manhattan. 

Dal gennaio 1992 al dicembre del 1993, Sheila Abdus-Salaam aveva svolto l’incarico di giudice al tribunale civile della città di New York. 

Zakiyyah Muhammad, fondatrice e direttrice dell’Istituto di studi americani musulmani, ha dichiarato che la giudice Abdus-Salaam è stata la prima donna musulmana a ricoprire questo ruolo di prestigio negli Stati Uniti, quando iniziò la sua carriera presso la Corte Suprema dello Stato nel 1994. 

Il 5 aprile 2013, l’allora governatore dello stato di New York annunciò la sua nomina come giudice della Corte d’Appello dello stato. Ma l’esperienza legale di Abdus-Salaam va ben oltre i banchi dei tribunali.

Facendo un passo indietro di più di un decennio, la donna ha ricoperto il ruolo di consigliere generale per l’Ufficio dei servizi sul lavoro di New York City dal giugno 1988 al dicembre 1991. È stata anche assistente procuratore generale nel campo dei diritti civili e del finanziamento dei beni immobiliari dall’agosto 1980 al maggio 1988. 

In una dichiarazione diffusa mercoledì, l’ex governatore di New York Andrew Cuomo ha espresso parole di cordoglio per la scomparsa della giudice Abdus-Salaam, definendola una “bussola incrollabile della morale” e ha ricordato il momento in cui la nominò giudice della Corte d’Appello quattro anni fa. 

Cuomo ne aveva elogiato le sue radici, “che affondano nella classe operaia” e la “sua profonda comprensione dei problemi quotidiani che affliggono i newyorchesi”. La sua nomina era stata spinta fortemente dall’ex governatore Cuomo, con l’obiettivo di diversificare i membri della Corte. Fino a pochi mesi fa, Sheila Abdus-Salaam è stata la prima donna afroamericana a detenere questo primato in 169 anni di storia, almeno fino alla nomina di un altro giudice, Rowan D. Wilson, eletto alla Corte d’Appello di recente. 

Sul campo, la giudice Abdus-Salaam era considerata una delle voci più liberali, affidabili e costanti. Si schierava regolarmente con le persone più vulnerabili ed emarginate della società: poveri, immigrati impoveriti, individui affetti da disturbi mentali, difendendoli dagli interessi e dalle prevaricazioni dei poteri forti. 

La donna si era più volte mostrata incline a difendere le parti lese che denunciavano le multinazionali per frode o violazioni di contratti di lavoro. I suoi colleghi l’ammiravano per la premura e il candore che impiegava davanti a casi complessi. 

Nell’estate del 2016, la giudice Sheila Abdus-Salaam aveva preso una decisione importante che riguardava la vicenda di due donne lesbiche e del loro figlio, ribaltando una sentenza precedente: fino ad allora, per 25 anni, la Corte aveva ritenuto che il genitore non biologico in una coppia dello stesso sesso non fosse legittimata all’affidamento del bambino e non avesse alcun diritto di visita dopo la rottura del legame. Abdus-Salaam aveva riscritto la sentenza ampliando così la definizione di genitorialità.

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