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Farsi congelare per sconfiggere la morte

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TPI ha incontrato i fondatori della Alcor, un'azienda statunitense che iberna corpi di defunti grazie alla criogenia, confidando nel progresso della scienza

Sopravvivere alla morte: chi non lo vorrebbe? Specie quando la vita s’interrompe bruscamente per via di un incidente o di una brutta malattia. Oppure quando la vecchiaia diventa troppo ingombrante e non si accetta il fatto che prima o poi si dovrà lasciare questo mondo.

Di ragioni per vivere ce ne sono molte ed è per questo che a Scottsdale, nello stato americano dell’Arizona, esiste una clinica dove le persone possono sconfiggere la morte grazie alla criogenia.

Non è l’unica negli Stati Uniti, e nemmeno nel mondo, ma stiamo pur sempre parlando di un processo che molti scienziati considerano una truffa, un approccio senza alcun fondamento. Eppure alla Alcor Life Extension Foundation, vicino a Phoenix, 150 persone aspettano di tornare a vivere un giorno, quando le tecnologie del futuro permetteranno loro di risvegliarsi dal “sonno”.

Molti, sentendo parlare di criogenia, penseranno subito alla famosa serie televisiva Futurama, ma la realtà è ben diversa da quello che può sembrare. Bisogna innanzitutto chiarire una cosa: occorre essere legalmente deceduti prima di poter incominciare il processo di “congelamento” che porterà allo stato d’ibernazione.

Che cos’è la criogenia

Ma come funziona esattamente la criogenia? È un processo per conservare il corpo umano a basse temperature, più o meno 160 gradi sotto lo zero, e nel quale i fluidi corporei come il sangue e il plasma sono sostituiti con sostanze crioprotettrici che servono a interrompere il decadimento delle cellule.

Storicamente, la criogenia umana si è sviluppata negli anni Settanta e la Alcor è stata una delle prime fondazioni a nascere, grazie agli sforzi dei coniugi Linda e Fred Chamberlain. Nonostante la comunità scientifica condanni la criogenia, definendola come qualcosa d’impossibile, tante persone in giro per il mondo sono convinte della sua validità e per questo sono ricorsi a questa pratica con lo scopo d’ingannare la morte.

È famoso il caso di Kim Suozzi, giovane americana di 23 anni malata terminale di cancro, che nel 2015 fece congelare il proprio cervello con la convinzione che la scienza del futuro le avrebbe potuto restituire la vita, tolta dalla malattia. Il caso ottenne popolarità a livello nazionale, tanto da finire sul New York Times, e nonostante le numerose critiche nulla impedì alla ragazza di proseguire con il suo desiderio.

A ogni modo, non stiamo parlando di un processo dai costi ridotti. Servono quasi centomila dollari per l’ibernazione del solo encefalo, mentre per l’intero corpo si arriva a un prezzo che supera i duecentomila dollari. Soldi che, a detta della Alcor, copriranno i costi dell’intero processo e il mantenimento del paziente negli anni fino a quando la scienza umana permetterà di far rivivere queste persone.

Il pagamento avviene tramite un’iscrizione alla fondazione e deve essere effettuato prima della morte della persona, per evitare che a qualcuno venga la tentazione di ricorrere alla criogenia solo perché il decesso è sopraggiunto improvvisamente.

Perché alcune persone si fanno congelare solo la testa? Chamberlain risponde che il cervello è l’unica parte fondamentale di un corpo umano, nella quale risiedono tutte le informazioni mnemoniche da preservare. Se nel futuro si farà rivivere una persona, allora si riuscirà a riprodurre le cellule di un individuo, dalla testa ai piedi.

Le persone si domandando perché il processo di criogenizzazione non avvenga prima che un paziente muoia, in modo che le funzioni vitali dell’individuo possano restare le più integre possibili. Ciò risulta impossibile per ragioni legali: si tratterebbe di un omicidio/suicidio assistito.

L’unica cosa possibile è cercare di iniziare il processo il prima possibile, pochi minuti dopo che il medico legale stabilisce la morte del paziente. “Per questo invitiamo le persone in punto di morte a recarsi negli ospedali vicini alla fondazione oppure siamo pronti a spedire team in tutto il mondo, appena veniamo avvisati”, spiega Max More, presidente della Alcor.

Le critiche alla criogenia

A oggi non esiste ancora alcuna prova scientifica che mostri come la resurrezione dei pazienti in stato di ibernamento sia possibile. I pochi tentativi fatti con esito positivo sono stati realizzati solo su esseri con struttura elementare, come i vermi.

È tutta una questione che si basa sulla fede nel futuro e nelle scoperte della scienza dei prossimi secoli.

La comunità scientifica internazionale ha condannato da anni la pratica, tanto da definire criminali le fondazioni e le aziende che praticano la criogenia e rubano soldi ai pazienti attraverso promesse e speranze inesistenti.

Il processo di crioconservazione, nonostante i progressi della tecnologia, ha numerosi problemi: la rottura delle membrane cellulari da parte dei cristalli di ghiaccio che si formano con l’ibernazione; la difficoltà di scongelamento contemporaneo di tutte le parti del corpo, ognuna con i suoi tessuti diversi.

I sostenitori della criogenia credono che, grazie alle tecnologie del futuro, anche questi problemi potranno essere risolti, grazie all’uso di nanotecnologie in grado di riparare i tessuti e le cellule a una a una.

“Perché si dovrebbero sprecare risorse ed energie per cercare di riportare in vita delle persone morte, quando la scienza dovrebbe cercare, al contrario, di fare tutto ciò che può per cercare di prolungare la vita delle persone vive?”, si domanda il dottor Mehmet Toner, criobiologo del Massachussets General Hospital di Boston. “Sarebbe uno sforzo più sensato”.

Qui sotto il video realizzato da Iacopo Luzi:

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