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“Da avvocato a prostituto, ho scelto di vendere il mio corpo per non svendere il cervello”

Immagine di copertina

La storia di Francesco Mangiacapra, che ha preferito la prostituzione di alto livello alla carriera da avvocato

Perché un ragazzo laureato in giurisprudenza e abilitato alla professione di avvocato ha deciso di abbandonare tutto e prostituirsi, trasformando le marchette in un vero e proprio business?

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Francesco Mangiacapra, napoletano e prostituto di professione, ha pubblicato il 3 marzo l’autobiografia dal titolo Il Numero Uno. Confessioni di un marchettaro edito da Iacobellli Editore. Il libro racconta tutta la sua storia senza censure, che lo ha portato a costituire la sua “start up sessuale unipersonale”. A TPI ha spiegato perché e come si possa compiere una scelta di questo tipo.

Partiamo con una domanda banale ma inevitabile: perché hai deciso di diventare un prostituto?

Ho scelto di vendere il mio corpo per non svendere il cervello, nel senso che mi sono laureato in giurisprudenza e ho iniziato a svolgere la pratica forense. Non ho intravisto nessun tipo di prospettiva, né umana né economica, ed ero in un momento di crisi.

Quella crisi è simile a quella di tanti miei coetanei. Rivendico la mia libertà e l’autonomia di disporre del mio corpo. Non è in alcun modo apologia della prostituzione né un voler infangare l’avvocatura. Il mio desiderio è solo la possibilità di rivendicare la mia libera scelta, questo perché credo che la dignità di una persona dipenda dalla propria morale, dalle proprie azioni, non da quello che abbiamo scelto come attività professionale.

Dunque questo per te è un lavoro a tutti gli effetti…

È un’attività che mi ha permesso di avere un’indipendenza economica che fare l’avvocato non mi avrebbe consentito. Ho diversi amici di università che a differenza mia spesso stentano ad arrivare a fine mese o che ci riescono con sacrifici che io per fortuna posso dire di non aver affrontato.

La prostituzione mi ha dato indipendenza, non è che sia orgoglioso o voglia vantarmene, e nemmeno pretendo che la mia scelta sia un esempio o si possa definire più furba di altre, sono semplicemente grato a questa professione. Ne rivendico la libertà.

Non sono soldi facili, sono soldi più veloci.

Come ti è venuta questa idea?

Non ero in una situazione di indigenza, la mia scelta non deriva da povertà o storie personali tristi. I miei genitori potevamo mantenermi, ma arrivare alla soglia dei 30 anni ed essere mantenuti dai genitori non è edificante.

Ricordo che era un giorno di gennaio, mese di bilanci, da poco avevo terminato la pratica da avvocato ed ero molto sfiduciato. Ero in una videochat e una persona mi propose del sesso a pagamento. Quindi accettai la proposta non per necessità economica – quelle poche centinaia di euro non mi avrebbero cambiato la vita – ma per nutrire la mia autostima, per sentirmi una volta tanto pagato da qualcuno.

Solo con il tempo ho capito che la mia autostima doveva arrivare da me stesso e non dal valore che mi attribuivano gli altri. Anzi, proprio prostituendomi ho capito che il valore con cui le persone ci valutano dipende esattamente dal valore che noi ci attribuiamo e le persone sono grate di riconoscerci questo valore.

Questo non vuol dire che tutti debbano fare marchette per far pace con la propria autostima. Per me è stato così.

Successivamente a questa prima marchetta questa persona ha continuato a cercarmi e ho capito che forse potevo attribuirmi un valore che non pensavo di avere e ho capito che potevo farne un business che mi avrebbe reso indipendente.

Non ti sentivi sfruttato?

Ti assicuro che per il tipo di prostituzione fatta a determinati livelli il corpo diventa paradossalmente relativo. Sapersi vendere è più importante di quello che vendiamo.

La mia prostituzione è fatta col cervello, cervello che incredibilmente ho usato di più nel vendermi, nel propormi alle persone piuttosto che in qualunque altro lavoro io abbia potuto fare prima. Le fotocopie nello studio legale, il call center, il commesso in libreria: tutti lavoretti dove il cervello era vessato.

Le dinamiche umiliavano la mia dignità molto di più dell’autosfruttamento che faccio del mio corpo.

Eppure quando si pensa alla prostituzione si fa un collegamento diretto con lo sfruttamento…

In questo caso è una questione diversa. Anche nel libro lo spiego, è uno spaccato di vita. A me nasce dalla brama di essere indipendente, non dalla necessità economica in senso stretto.

Per me è meno frustrante vendere il corpo piuttosto che andare per 700 euro a farmi sfruttare 12 ore da persone che reputo peggiori dei clienti che vengono da me e dopo mi ringraziano anche.

Mi affranco da una schiavitù intellettuale che impone la società, che percepisce come normale la scelta di svendere il cervello e invece stigmatizza la scelta di vendere il corpo al giusto prezzo. Mi sono sottratto a una normalità ingannevole.

Io credo che in qualunque lavoro si rinunci a qualcosa per sopravvivere: dal manager al medico. Dovendo rinunciare a qualcosa ho scelto di rinunciare all’intimità del corpo per conservare un uso liberissimo del cervello e dei sentimenti.

Chi sono i tuoi clienti?

È l’unico lavoro dove il cliente non ha sempre ragione. Il cliente mi rispetta e ha timore reverenziale nei mei confronti.

La clientela è varia, ci sono uomini, donne, coppie. Non esiste il prototipo del cliente, semplicemente perché il sesso, la trasgressione piace a tutti. La clientela maschile è la maggioranza. Per una donna trovare del sesso gratuitamente è più facile e non esiste il prototipo geografico.

Il mio criterio sono i soldi, quando vedo le persone per me sono soldi che camminano. Se domani rivedo una persona che ho incontrato oggi non la riconosco perché non sono incontri personali, non do l’anima.

Quando hai iniziato come è andata? Provavi imbarazzo ai tuoi primi appuntamenti?

Sono bisessuale e le persone bisessuali vivono un approccio con la sessualità in modo meno ortodosso. A prescindere da tutto mai avrei pensato nella vita di mettermi a fare marchette, mai lo avrei pensato fino a quando mi sono laureato e ho iniziato la pratica.

Quando mi sono reso conto che nessuno lo avrebbe fatto meglio di me ho capito che puttana si nasce. O lo sei o non lo sei, altrimenti non riesci a superare determinati limiti.

Hai quindi creato un vero e proprio business…

Ho creato la mia start up sessuale unipersonale, ho iniziato a fare marketing su me stesso, con un portafoglio clienti, pubblicità, fidelizzazione. Ho creato un brand, tutto quello che potrebbe fare un’azienda per vendersi.

Ho scritto il libro anche per far conoscere la mia storia. Io non chiedo l’assoluzione delle persone, né pretendo che le persone vedano la mia scelta come intelligente, ma, ripeto, racconto solo la mia esperienza perché sento che molte persone si identificheranno.

Molte altre leggendo il libro la stigmatizzeranno, la reputeranno una scelta di comodo. Sicuramente fare l’avvocato non era il mio sogno, sarebbe stato un ripiego e sicuramente anche la prostituzione lo è. Ma l’avvocatura sarebbe stato un ripiego peggiore.

Come ci si mette in contatto con te, c’è una selezione dei clienti?

La selezione la fa il prezzo. Nel libro c’è una grande carrellata di casi umani, grotteschi, ridicoli, paradossali anche preoccupanti.

La questione è che per questo tipo di prostituzione entrano in punta di piedi nel tuo mondo, hanno profondo rispetto perché diversamente da quello che va a pagare la prostituta in strada che nella sua mente può essere sfruttata, una persona che paga un prezzo alto per un bene, ha un rispetto per il quale non si permetterebbe mai di creare delle difficoltà. Certo, qualche inconveniente c’è stato.

Chi stabilisce il prezzo?

Io punto al prezzo più alto che il cliente è disposto a spendere e la mia capacità sta nell’individuare anche solo al telefono qual è il prezzo massimo che quella persona è disposta a pagare.

Quali sono le cose più strane che ti sono mai state chieste?

Spesso capita che ci sono persone che non chiedono sesso. A loro piace fare gli schiavi, essere insultati.

Ci sono feticisti che comprano indumenti intimi, chi gode nel vedermi usare la sua carta di credito. Ho conosciuto un collezionista di dischi rari che amava vederli rompere.

Ci sono quelli che amano venire a fare le pulizie, persone che vogliono farsi mettere il pannolino, un altro che voleva conservare il mio sperma in un preservativo. Ho ricevuto anche richieste a cui non ho acconsentito come fare sesso con gli animali.

Qualche prete mi ha richiesto di procurargli qualche minorenne. Io non condanno praticamente nulla tra persone adulte consenzienti, quello che condanno sono i preti. Il prete si erge a moralizzatore comune, ha la capacità di innescare nelle persone l’idea di peccato, quello stesso peccato che pubblicamente condanna e privatamente persegue.

I preti vengono spesso da te?

Ho avuto molti clienti preti. Sono il principale accusatore e testimone chiave nel processo a carico di Don Luca Morini, soprannominato Don Euro, che è sotto processo sia dalla Procura di Massa che dalla Curia. Nel libro ne parlo e so che molti preti si riconosceranno e saranno riconosciuti dai fedeli.

Non hai paura esponendoti con il libro di perdere clienti?

Non è detto che questo non sia il “canto del cigno”, d’altronde il libro ha anche un finale. Politici, imprenditori napoletani, è chiaro che è scomodo perché l’escort è come un confessore.

Cosa rappresenta per te questo libro?

Chiedo di essere libero. È un’autoterapia, non è il voler tentare la giustificazione. Ci sono anche i lati oscuri, è un racconto fatto su una situazione che esiste e basta.

Ti sei mai innamorato di uno dei tuoi clienti?

Mai mi innamorerei di una persona che paga per qualcosa che è bello solo se lo ottieni gratis e per volontà comune.

Hai mai avuto paura di aver osato troppo, di aver contratto qualche malattia?

Faccio solo ed esclusivamente sesso protetto e atti e pratiche sessuali che non mettano a repentaglio la mia salute, perché le opportunità sono tante ma la vita è una soltanto e la dobbiamo salvaguardare.

Se un cliente dovesse chiedermi di farlo senza [preservativo] direi di no. Le persone che vanno a puttane sono quelle che hanno proprio più paura di prendere malattie. A me non capita quasi mai di avere clienti che me lo chiedono. Se capita sono i ragazzini quelli più ingenui, che pensano che le malattie siano lontane.

Ho molta più paura di andare con un persona di 20 anni che si fa fare di tutto, piuttosto che con un cliente sposato di 50 anni. Per prendersi le malattie basta farlo una volta senza preservativo, non ci vuole molto.

Sono sano perché uso il preservativo, poi mi controllo per verifica, ma non viceversa.

Lo sfruttamento della prostituzione in Italia è illegale. Qual è la tua opinione sul da farsi?

Io rivendico la legalizzazione e la decriminalizzazione della prostituzione. Nel senso che la prostituzione di per sé non è reato, ma non è regolamentata.

Se ci fosse una regolamentazione, la prostituzione sarebbe più accettata come scelta anche dalle persone e si sottrarrebbe con l’emersione del sommerso alla malavita e allo sfruttamento. Ma darebbe una maggiore dignità morale alle persone che si prostituiscono.

Sono contrario alla chiusura delle case chiuse, perché si è confuso lo sfruttamento della prostituzione con la prostituzione in sé. Si pensava di sopprimerla così, ma la prostituzione non finirà mai. Terminerà quando finirà la libidine delle persone.

La gente è disposta a farsi i debiti pur di andare a puttane.

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