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Il volo dell’eremita di Caterina Emili: un noir sui misteri della provincia italiana

Immagine di copertina

A partire dal ritorno del protagonista in una terra dimenticata, un noir che mostra tutto il fascino della provincia, tra Umbria e Puglia, tra presente e passato

Dopo una vita come inviata speciale e caporedattrice di testate nazionali come La Nazione e Il resto del Carlino, nonché come autrice e conduttrice di trasmissioni radiofoniche in Rai, Caterina Emili ha esordito nel romanzo nel 2012 con L’autista delle slot, pubblicato da Besa editrice.

Avendo ottenuto un notevole successo col suo esordio, Emili ha proseguito con tre nuovi romanzi che presentano lo stesso protagonista, Vittore Guerrieri, e dopo L’innocenza di Tommasina e Il ritrovamento dello zio bambino, a gennaio 2017 la saga ha visto l’uscita di un nuovo capitolo, Il volo dell’eremita (Edizioni E/O).

La storia vede protagonista proprio Vittore, che in questa nuova avventura sembra ormai stabilmente residente nella provincia pugliese quando la notizia di un’eredità nella campagna umbra, di cui è originario, gli fa compiere un viaggio che darà il via a diversi eventi anomali.

Innanzitutto l’incontro col cugino Volendo, eremita sui Monti Amerini da molti considerato pazzo che ama citare continuamente la Bibbia: è l’unico parente che gli sia rimasto, e non potrebbe essere più diverso da lui. 

A partire da questo ritorno in una terra del passato remoto e da quest’incontro con una figura altrettanto distante, si svilupperanno vicende dai toni gialli che mostrano tutto il fascino misterioso della provincia italiana, anche di quella più lodata per le sue apparenti bellezze.

TPI ha fatto qualche domanda all’autrice:

Il suo romanzo sembra molto incentrato sui contrasti: sicuramente quello tra i cugini protagonisti Vittore e Volendo Guerrieri, uno giocatore d’azzardo e l’altro eremita, ma anche sulla Puglia e l’Umbria, che si rincorrono costantemente nel libro rappresentando non solo due luoghi fisici che bisticciano per il primato del proprio olio, ma due luoghi dell’anima associati a emozioni molto diverse. Come mai la scelta di questi luoghi? Cosa rappresentano per lei?

Sicuramente la scelta di queste due regioni è determinata dal fatto che vivo parte dell’anno in Umbria e la restante nella Valle d’Itria. Certamente però il contrasto tra le due mentalità, paesaggi e il dialetto mi ha facilitato la descrizione di due personaggi così diversi. È sempre un paragonare per i personaggi: “il nostro olio, il loro olio”, “il nostro cibo, il loro cibo”, “i nostri santi, i loro santi” e via così, ma in fondo con amore e curiosità. 

Si ama ciò che che si ha e si e’ curiosi di ciò che non si ha, e perciò lo si accosta a ciò che gia si ama, per imparare ad amarlo. I protagonisti usano l’amore per i loro luoghi per imparare ad amarne di nuovi, è una caratteristica che mi ha sempre colpito di chi è molto attaccato alla propria terra. Si dice spesso abbandonare i propri preconcetti, ma né Vittore né gli altri hanno intenzione di farlo, li hanno ben chiari, ci sono affezionati e con i loro preconcetti se ne vanno a spasso e imparano ad amare cose nuove a modo loro.

La scelta di ambientare un giallo nel mondo della provincia italiana sembra essere vincente: luoghi di cui spesso si vede solo il lato più attraente e turistico rivelano uno sfondo di misteri, segreti e personaggi fuori dall’ordinario come Volendo o il Professore. Quali sono i modelli di abitanti della provincia a cui si è ispirata per ritrarre personaggi tanto verosimili? 

L’Italia è fatta di province, il mondo è fatto di province, e anche nei precedenti tre romanzi quando Vittore parte per l’estero esplora sempre la provincia. La provincia non è città e non è stato. La provincia e un mondo alternativo alla città ma non nel senso che ne è succube o dipendente, è un’altra cosa. Oggi il mondo passa dalla città, la politica la finanza, nella storia non è sempre stato così e forse non sarà sempre così. Forse il mondo della provincia oggi si gode solo un po’ di riposo, lascia sornionamente alla città il comando.

E invece quali sono i suoi modelli per quanto riguarda il genere noir? 

Nella quarta di copertina hanno scritto che il libro è “un noir compassionevole”: quello che io intendo per compassione è l’assenza di giudizio morale, nel senso che io sto quasi sempre dalla parte del colpevole, perché amo andare a piazzarmi nella terra dei dubbi, dissolvere il concetto di colpa e per questo non giudico mai, o meglio Vittore non giudica mai. 

Non so se ho un modello di noir, sicuramente molti mi hanno influenzato, ma non credo che uno in particolare mi faccia da guida. Forse trent’anni di giornalismo mi hanno formata di più, trent’anni di cronaca nera e politica. Tante persone, tante storie e un mestiere che mi ha dato il tempo e la possibilità di guardare e conoscere tanto.

Se dovesse scegliere altre due province italiane in cui ambientare una vicenda dai toni noir/thriller simile a questa, quali sceglierebbe e perché?

Credo che continuerei a scegliere o Puglia o Umbria, i luoghi del mondo e del pensiero hanno bisogno di studio e lo studio ha bisogno di tempo. Questi sono quelli che ho scelto, e per scelto intendo proprio scelto. Non sono i luoghi che mi sono capitati, quelli sarebbero altri. No, ho scelto questi, li ho approfonditi e ora me li tengo stretti.

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