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Nel 2016 alcuni tratti di barriera corallina australiana hanno perso il 67 per cento dei coralli

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Le alte temperature causano il fenomeno dello sbiancamento, che se protratto nel tempo determina la morte del corallo

L’alta temperatura degli oceani ha causato nel 2016 la peggior distruzione di corallo mai registrata nella Grande barriera corallina australiana, la più estesa al mondo, che copre un’area di oltre 80 miglia quadrate. 

Secondo uno studio condotto dal Centro per l’eccellenza sugli studi del corallo (Arc), nella sezione settentrionale della barriera, la più colpita dalle correnti calde, è morto fino al 67 per cento del corallo.

La situazione è meno preoccupante nella parte centrale, dove è scomparso solo il 6 per cento della barriera, mentre la sezione meridionale è in buone condizioni. Ma secondo gli scienziati, se continuerà il cambiamento climatico, anche le aree che finora si sono salvate sono condannate.

Lo sbiancamento dei coralli è un fenomeno distruttivo che colpisce gli ecosistemi corallini e si verifica quando le temperature dell’acqua aumentano per un prolungato periodo di tempo.

Tra febbraio e aprile 2016, le acque lungo la barriera corallina hanno raggiunto i livelli più caldi di sempre, di un grado superiori alla media.

“Il corallo è stato letteralmente cucinato”, spiega il professor Terry Hughes, il responsabile dello studio: “L’impennata della mortalità si è avuta a causa dell’improvviso innalzamento delle temperature”.

Ma i danni peggiori si sono mostrati nel corso dei mesi. Quando a causa del calore i coralli iniziano a espellere l’alga Zooxanthellae, che trasforma la luce del sole in cibo, lo scheletro di carbonato di calcio che forma il corallo muore, perdendo la tipica colorazione rossa.

Il corallo è formato da una comunità di piccoli polipi che costruiscono, alla base del proprio corpo molle, uno scheletro di carbonato di calcio con funzione protettiva e di sostegno. I polipi crescono uno accanto all’altro, cosicché le secrezioni di calcare si fondono tra loro e si stratificano. Per questo motivo, anche i coralli che sopravvivono allo sbiancamento diventano in ogni caso più vulnerabili ai predatori, perché si riduce la dimensione dello scheletro protettivo.

In passato si erano verificati altri due fenomeni di massa simili, nel 1998 e nel 2002, ma nessuno era stato di simile portata. Le conseguenze, avvertono gli studiosi nel rapporto, nell’arco dei prossimi venti anni potrebbero essere devastanti per la sopravvivenza della barriera.

Il governo australiano ha pubblicato un piano per salvaguardare l’ecosistema e ha previsto ingenti risorse per combattere lo sbiancamento corallino. Tutti concordano però sul fatto che l’unica strategia efficace sarà quella di ridurre le emissioni di anidride carbonica nell’aria.

I danni subiti dalla barriera corallina. Credit: ARC Centre

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