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Home » Esteri

Chi è Gary Johnson, il terzo incomodo tra Clinton e Trump

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Il candidato alla Casa Bianca del Partito Libertario è dato nei sondaggi tra l'8 e il 15 per cento, un dato molto elevato per un terzo candidato negli Stati Uniti

Un sondaggio sulle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo novembre pubblicato il primo agosto dall’istituto PSB vede la democratica Hillary Clinton e il repubblicano Donald Trump divisi solo da pochi punti percentuali. Alle loro spalle, la prima opzione non sono gli indecisi, né la voce altri, ma Gary Johnson, il candidato del Partito Libertario, dato al 15 per cento.

Certo, non tutti i sondaggi hanno assegnato a questo terzo incomodo una cifra così alta, ma tra luglio e settembre del 2016 non è mai andato sotto l’8 per cento.

Questo fatto in molti paesi non sarebbe causa di grande stupore, ma negli Stati Uniti, uno dei paesi del mondo in cui il sistema a due partiti è più radicato, risulta un dato particolarmente rilevante. Soprattutto, questo potrebbe portare Johnson a essere ammesso ai faccia a faccia televisivi al fianco di Hillary Clinton e Donald Trump, un fatto che non avviene da quando nel 1992 l’indipendente Ross Perot fu ammesso ai dibattiti insieme a Bill Clinton e George H. Bush.

Ma andiamo a vedere chi è Gary Johnson e perché può dare filo da torcere sia ai democratici che ai repubblicani.

EX REPUBBLICANO, GIÀ GOVERNATORE DEL NEW MEXICO

Gary Johnson è nato a Minot, in North Dakota, nel 1953. Trasferitosi in New Mexico, si è laureato nell’università locale in scienza politiche e ha fondato la sua azienda, la Big J Enterprise, specializzata nella meccanica.

Nel 1994 entrò in politica, vincendo le primarie repubblicane nel New Mexico e divenendo governatore dello stato alle elezioni successive. Nel 1998, venne riconfermato in quest’incarico nonostante i democratici avessero candidato contro di lui il sindaco di Albuquerque Martin Chavez, di origini ispaniche, che puntava alla vittoria grazie al sostegno della popolazione di origine latina, che in New Mexico è pari al 40 per cento.

Mentre Johnson era governatore, si oppose in maniera netta alla lotta che il governo statunitense porta avanti da decenni contro la droga e il narcotraffico, definendola estremamente costosa e paragonandola al proibizionismo degli alcolici. Fu proprio in questa circostanza che iniziarono a emergere le posizioni antiproibizioniste di Gary Johnson per quanto riguarda la marijuana.

Dopo il 2002, anno in cui il suo mandato di governatore arrivò alla scadenza, Johnson si impegnò soprattutto nella sensibilizzazione sul tema delle droghe. Nel 2012, però, annunciò di voler correre alle primarie presidenziali repubblicane per l’anno successivo, ma si ritirò per correre come presidente per il Partito Libertario, con cui ottenne lo 0,99 per cento dei consensi.

Nel 2016, Johnson ha rivinto le primarie dei libertari, sconfiggendo tra gli altri John McAfee, proprietario dell’omonima azienda di antivirus. Ha nominato William Weld come proprio vice ed è riuscito a qualificarsi per le elezioni in tutti e 50 gli stati e nel District of Columbia.

Gary Johnson attualmente è divorziato, cosa che lo rende il primo – tra i candidati competitivi – a non essere sposato dopo oltre 50 anni ed è noto per fumare marijuana abitualmente e vestire con scarpe da ginnastica in qualsiasi circostanza.

COS’È IL PARTITO LIBERTARIO

Il partito libertario nacque nel 1971 su iniziativa di David Nolan per sostenere una politica liberale tradizionale in contrapposizione a quella progressista dei democratici e quella conservatrice dei repubblicani.

Tra le posizioni dei libertari ci sono l’abbassamento delle tasse, lo smantellamento del welfare, la contrarietà alla pena di morte, la legalizzazione delle droghe, il sostegno al diritto ad acquistare liberamente armi e il sostegno ai matrimoni omosessuali.

Il partito si presenta regolarmente alle elezioni presidenziali dal 1972, senza mai ottenere particolari successi: i suoi migliori risultati sono arrivati nel 1980 con Ed Clark e nel 2012 proprio con Gary Johnson, quando in entrambi i casi il consenso raggiunto è stato intorno all’1 per cento.

LE POSIZIONI DI GARY JOHNSON

Le posizioni politiche del candidato libertario alla Casa Bianca sono in primo luogo quelle del suo partito, basate dunque sul liberalismo, su un non intervento dello stato in economia, una riduzione drastica delle tasse e il riconoscimento e la difesa dei diritti civili.

In politica estera, Johnson si è detto contrario a diversi interventi militari statunitensi all’estero, come quello in Iraq del 2003 e quello in Libia nel 2011. Diversamente, si è detto favorevole alla guerra contro l’Isis. Quando nel 2013 la Russia ha annesso la Crimea, Johnson ha manifestato la contrarietà a un interessamento americano alla vicenda, dicendo che sarebbe stato come se la Russia si fosse occupata di Porto Rico.

Riguardo l’energia, Johnson si è detto favorevole a continuare a costruire centrali nucleari e a carbone. Ha manifestato favore anche nella ricerca e lo sviluppo di energie rinnovabili, ma crede portare avanti questo settore sia un compito dei privati e non del governo nazionale.

COS’È ALEPPO?

Un passo falso durante la campagna ha portato i riflettori sull’ex governatore del New Mexico. In un’intervista rilasciata al giornalista della MSNBC Mike Barnicle, alla domanda su cosa pensasse della situazione di Aleppo, la città siriana da anni al centro del conflitto nel paese, Johnson ha risposto “Cos’è Aleppo?”.

I media hanno reagito sottolineando come un presidente degli Stati Uniti non possa non conoscere una città intorno alla quale, oggi, sta ruotando uno dei conflitti politicamente più importanti al mondo.

PERCHÈ PUÒ DARE FASTIDIO ALLA CLINTON E A TRUMP

I candidati al di fuori dei due grandi partiti americani sono sempre considerati una mina vagante nel panorama politico del paese, in grado di togliere ai due grandi partiti abbastanza voti da poter determinare la sconfitta di un candidato e la vittoria di un altro.

Questo fatto fu notevolmente amplificato nel 2000, quando la vittoria di George W. Bush fu decisa dalla vittoria in Florida per un margine di voti di vantaggio su Al Gore estremamente ridotto. In quell’occasione, i democratici ritennero il candidato verde Ralph Nader, che prese il 2 per cento dei voti a livello nazionale, responsabile di aver favorito di fatto la vittoria dei repubblicani.

In una tornata elettorale come quella di quest’anno, in cui i repubblicani sono usciti spaccati dalle primarie vinte da Donald Trump e molti democratici sono usciti delusi dalla vittoria di Hillary Clinton, un candidato come Gary Johnson, molto affine in tema di diritti civili ai democratici più progressisti ma anche ai repubblicani più liberisti in tema di tasse ed economia, può rivelarsi attrattivo per i numerosi scontenti.

Nader nel 2000 si era rivelato un candidato determinante, ma nel recente passato ci sono stati diversi candidati particolarmente competitivi al di fuori dei due grandi schieramenti. Nel 1992 l’indipendente Ross Perot ottenne quasi il 18 per cento dei voti, e nel 1996 – candidato per il Reform Party – arrivò al 6 per cento.

Nel 1980 l’ex repubblicano Anderson, di tendenze liberali, arrivò al 6 per cento, guadagnando i voti dei democratici delusi dalla ricandidatura di Jimmy Carter, contribuendo a rendere ancora più netta la vittoria di Ronald Reagan.

Nel 1968 l’ex governatore dell’Alabama George Wallace, un ex democratico contrario ai diritti civili per gli afroamericani, corse con l’American Independent Party, ottenendo il 13 per cento e vincendo in diversi stati del sud. Si tratta dell’ultimo caso di un candidato non democratico né repubblicano a vincere in almeno uno stato.

GLI ALTRI CANDIDATI OLTRE ALLA CLINTON E TRUMP

Oltre a Gary Johnson, ci sono anche altri “terzi incomodi” in queste elezioni presidenziali. Intanto ci sono i verdi che presentano Jill Stein, in corsa con l’obiettivo di superare il 2 per cento ottenuto da Nader nel 2000.

C’è anche Darrel Castle, candidato degli ultraconservatori del Constitution Party, mentre il Reform Party – con cui si candidò Perot nel 1996 – presentano Roque De La Fuente, già candidato minore alle primarie dei democratici.

Come indipendente corre anche Evan McMullin, un ex agente della CIA ed ex dirigente repubblicano che si candida proprio in rappresentanza di tutti gli elettori repubblicani delusi dalla scelta di Donald Trump.

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