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Donald Trump incarna un nuovo modello di fascismo?

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Secondo Sam Ben-Meir, professore di filosofia, Trump è il sintomo di un nuovo fascismo, una malattia globale nata del divorzio tra capitalismo e democrazia

L’oscena demagogia di Trump, il suo sprezzo del primo emendamento, il suo desiderio di espandere l’autorità presidenziale (il cui incredibile potere oggi non ha eguali), il suo atteggiamento belligerante e minaccioso verso il sistema giudiziario, il suo sfacciato mescolare scopi pubblici e privati, il suo cinico sfruttamento delle paure di milioni di americani riguardo i musulmani all’indomani della più grave sparatoria nel paese, quella di Orlando, la sua politica nazionalista, antimmigrazione e razzista, e infine la sua approvazione delle reazioni violente contro i dissenzienti, sono tutti elementi che hanno contribuito a creare lo spettro di un nuovo fascismo che si affaccia sulla scena politica.

Ma fino a che punto il termine ‘fascismo’ definisce ciò che Trump rappresenta? Per fascismo intendo semplicemente un regime militaristico che è caratteristicamente autoritario, anti-immigrazione ed estremamente nazionalistico. Dobbiamo usare il termine con cautela perché troppo spesso è il segno di pigrizia intellettuale e di mancanza di chiarezza concettuale.

A complicare le cose, stiamo assistendo all’ascesa politica di Trump in un momento storico in cui partiti di estrema destra stanno crescendo in molti paesi, inclusa l’Austria, dove un fenomeno del genere non si verificava dalla fine della Seconda guerra mondiale.

È importante ricordarlo perché questo indica che Trump non è affatto un fenomeno isolato. Bisognerebbe pensare a lui in primo luogo come a un sintomo: un sintomo della decadenza della forma democratica del capitalismo globale.

Trump e le sue controparti europee sono il sintomo del fatto che il bisogno del capitalismo di istituzioni e processi democratici sta costantemente diminuendo.

Sta venendo a galla come i più efficaci promotori del capitalismo siano regimi non-democratici e autoritari, inclusi regimi nominalmente comunisti come la Cina e il Vietnam.

Quando Trump dice che la democrazia non esiste, che l’intero sistema è truccato, ciò che è più preoccupante non è tanto che potrebbe aver ragione o che molti pensano che abbia ragione. Piuttosto, la sua stessa ascesa dimostra che esiste ancora in politica un elemento irriducibile di casualità.

Stiamo assistendo in tutto il mondo alla dissoluzione del matrimonio tra democrazia e capitalismo. Lo vediamo nel corrotto pseudo capitalismo cinese, o nell’autoritarismo della Russia di Putin o della Turchia di Erdogan, e lo vediamo qui, dove lo stato di diritto, l’integrità delle istituzioni e le voci dei dissenzienti sono trattate con disprezzo e derisione dal leader di uno dei partiti più importanti.

Il fascismo di Trump è particolarmente evidente nella sua infinita insistenza sul fatto che costringerà il Messico a finanziare la costruzione di un muro lungo il confine con gli Stati Uniti.

A questa promessa, una presenza fissa durante i comizi di Trump, non serve rispondere elecando le ragioni per cui è una cattiva idea e per giunta impraticabile.

Una volta che cominci a discuterne, hai già perso, per il semplice fatto che la proposta non ha nulla di razionale, ma è formulata appositamente per sfidare l’uso della ragione in politica.

Trump non tratta i suoi sostenitori come agenti razionali. Essi rappresentano una massa di energia violenta repressa che Trump manipola sapientemente a proprio vantaggio.

Innumerevoli americani sono disposti a negare i diritti fondamentali degli immigrati sotto la minaccia della deportazione e a respingere centinaia di migliaia di rifugiati in cerca di asilo.

Il modo di affrontare questo isterismo xenofobo non è certo quello di un discorso di stampo liberale sulla tolleranza e il rispetto dell’altro. Al contrario, il linguaggio della tolleranza è del tutto fuori posto e controproducente.

Sarebbe più appropriato riaffermare il rispetto dei diritti umani e opporre un netto rifiuto all’idea di permettere che a qualcuno vengano negate le condizioni fondamentali in cui vivere e prosperare.

I rifugiati non hanno bisogno della nostra solidarietà e tolleranza, e non hanno bisogno che apriamo loro i nostri cuori. Hanno bisogno che apriamo i confini e forniamo loro cibo, rifugio e lavoro.

Trump ha dimostrato in modo efficace come la correttezza politica e l’insistenza liberale sulle regole della correttezza, siano servite unicamente a regolamentare l’odio e il razzismo riproducendo le condizioni soggettive che portano a reazioni di razzismo violento.

Il miserevole fallimento della correttezza politica sta nel tentativo di imporre qualcosa che dovrebbe essere spontaneo. Nel deridere la finzione insita in questo, Trump è riuscito a dare l’impressione di essere in qualche modo onesto e autentico.

Il problema è che al posto della correttezza politica, ci ha fornito un misto di razzismo, misoginia e nazionalismo.

La campagna di Trump è stata un tentativo duraturo di annullare la distanza tra la politica e l’intrattenimento di massa, di stupire le masse di cittadini bianchi, poco istruiti e con redditi bassi che sono folgorati dalla sua appariscente ricchezza e celebrità, la sua sfacciata avidità e il disgusto per tutto ciò che non può essere messo in commercio e venduto.

Dovremmo allora vedere in Trump un nuovo modello di fascista che usa un misto di kitsch, oscenità e magniloquenza per lasciare i suoi sostenitori estasiati? Uno che consente di rilasciare i desideri repressi inconsci dei suoi sostenitori che sono implicitamente incoraggiati a mettere in atto violenze simboliche e fisiche contro l’altro?

Il nuovo fascismo che abbiamo di fronte oggi non deve essere confuso col fascismo del passato. Ma forse, a lungo termine, non è meno pericoloso e il buon senso politico non è più in grado di arrestarne il progresso.

L’antidoto all’ascesa del populismo basato sulla diffidenza sta nel modo in cui descriviamo la malattia. Vedere in Trump una semplice aberrazione, una mostruosità metafisica, per quanto in un certo senso lo sia, è del tutto inadeguato.

Dobbiamo vederlo come il sintomo di un male generale, una malattia di natura globale che mette in luce le contraddizioni e gli antagonismi dell’ordine capitalistico democratico.

— Analisi di Sam Ben-Meir, professore di filosofia all’Eastern International College. Attualmente le sue aree di ricerca sono l’etica ambientale e imprenditoriale.

— Traduzione a cura di Paola Lepori

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