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Come sta cambiando la mappa elettorale di Roma

Immagine di copertina

Virginia Raggi trionfa in periferia e nelle zone tradizionalmente rosse, Giachetti nei quartieri più ricchi, anche quando sono tradizionalmente conservatori

Il primo turno delle elezioni comunali a Roma ha visto una netta affermazione della candidata del Movimento Cinque Stelle Virginia Raggi, che ha raggiunto il 35 per cento dei consensi. A seguire, in seconda posizione, il candidato del Partito Democratico Roberto Giachetti, con cui se la vedrà al ballottaggio, e terza Giorgia Meloni, con un punteggio di poco superiore al 20 per cento.

Molto indietro, invece, Alfio Marchini, sostenuto dalla sua lista civica e da Forza Italia, intorno al 10 per cento, e Stefano Fassina, sotto il 5 per cento. Sesta posizione per Simone Di Stefano, di CasaPound, che supera per la prima volta a Roma l’1 per cento.

Dati che non si discostano dai numerosi sondaggi della vigilia, che avevano individuato Virginia Raggi come favorita, la quale addirittura riesce ad andare al di sopra delle previsioni.

Ma queste elezioni, probabilmente, segnano un forte cambiamento della geografia elettorale di Roma, un cambiamento che si è sviluppato negli ultimi anni e che, in questo primo turno delle elezioni amministrative del 2016 ha visto, se non il compimento, quanto meno una dimostrazione molto forte.

Sotto: una mappa dei candidati sindaco vincenti nei 15 municipi di Roma realizzata dal Corriere della Sera.

In questa mappa, suddivisa per i 15 municipi di Roma, sono illustrati i candidati sindaci che hanno ottenuto il maggior numero di voti al primo turno delle elezioni amministrative 2016. Come si può notare, la Raggi ha vinto in 13 municipi, mentre Giachetti ha vinto solamente nei due centrali, il I e il II.

Sotto: una mappa mostra il reddito medio pro capite nei diversi municipi di Roma.

Se sovrapponiamo la mappa dei risultati alla mappa del reddito, vediamo come i due municipi in cui Giachetti ha vinto sono i due municipi con il reddito pro capite più alto. I due municipi a est in cui il reddito è più basso, il V e il VI, non solo hanno visto una netta affermazione di Virginia Raggi, ma hanno registrato uno dei peggiori risultati di Roberto Giachetti, che qui è arrivato terzo venendo superato anche da Giorgia Meloni.

Sotto: una mappa in cui viene mostrato il candidato presidente più votato nei 14 municipi di Roma chiamati al voto il 5 giugno.

Questa mappa mostra come le elezioni per i presidenti di municipio – svoltesi contemporaneamente alle elezioni per il sindaco – abbiano visto un risultato con notevoli differenze da quello comunale. I candidati del Partito Democratico arrivano avanti in nove dei 14 municipi al voto (il X Municipio, quello di Ostia, non ha votato per via del commissariamento che è arrivato in seguito alle dimissioni del presidente Andrea Tassone, poi arrestato nell’ambito dello scandalo Mafia Capitale).

Con tutta probabilità, molti elettori del PD, delusi a livello locale, hanno voluto mandare un messaggio politico sulla scheda del sindaco, ma hanno confermato il voto al partito sulla scheda municipale, considerata una faccenda più locale e in cui il voto di preferenza può aver prevalso, scoraggiando il voto di protesta.

Questo voto differente sulle due schede porta ad avere i presidenti di municipio del PD circa quattro punti percentuali sopra a Giachetti in ciascuno dei loro territori, e quelli del Movimento Cinque Stelle circa quattro punti sotto la Raggi.

Ma è un risultato che ancora una volta sconvolge la geografia elettorale degli ultimi anni a Roma.

Sotto: una mappa mostra la collocazione dei principali campi rom nel territorio del comune di Roma.

Quest’altra mappa, invece, mostra la collocazione dei campi rom e dei centri d’accoglienza per migranti nella città di Roma. Come vediamo, molte di queste strutture si trovano nella periferia est, una zona tradizionalmente di sinistra ma in cui Giachetti ha visto un vero e proprio crollo del proprio consenso, arrivando addirittura dietro a Giorgia Meloni.

Sotto: una mappa mostra il risultato del primo turno delle elezioni amministrative di Roma nel 2001.

Sovrapponiamo adesso le mappe dei risultati comunali e municipali del 2016 a questa mappa del 2001. Abbiamo scelto il 2001  perché è stato l’anno in cui i due candidati, Walter Veltroni per il centrosinistra e Antonio Tajani del centrodestra, sono arrivati più vicini in un’ottica di coalizioni larghe. La coalizione del centrosinistra, infatti, andava dalla Margherita a Rifondazione Comunista, mentre il centrodestra da Alleanza Nazionale al CCD-CDU.

Questa mappa ricalcava in gran parte l’andamento elettorale della prima repubblica, con la vittoria di Veltroni in numerosi dei quartieri storicamente di sinistra e quella di Tajani nelle zone storicamente di destra. Sovrapponendola però al dato del sindaco del 2016, vediamo come Giachetti abbia vinto in due municipi (anche se nel 2001 erano tre, dal momento che Roma all’epoca aveva 19 municipi) che non erano tra i più di sinistra.

Nel II, ad esempio, la vittoria nel 2001 andò a Tajani, dal momento che era una delle zone più di destra a Roma. Diversamente, Veltroni si imponeva tranquillamente in quei quartieri nella zona est storicamente di sinistra, a tal punto da essere noti come la “cintura rossa”, simbolicamente uniti da una grande arteria stradale dedicata allo storico segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti.

Se sovrapponiamo la mappa del 2001 a quella dei presidenti di municipio del 2016, nonostante il numero di municipi vinti rispetto al totale sia grossomodo lo stesso, vediamo come i territori in cui il centrosinistra ha avuto la meglio siano sostanzialmente differenti.

La cintura rossa diviene inesorabilmente una delle aree più difficili per il centrosinistra, che invece arriva primo nel XV Municipio, storica roccaforte del centrodestra di Roma, vince nel XIII, la zona dell’Aurelio, anch’esso storicamente tra i più difficili per quell’area politica.

Si può poi aggiungere un altro ragionamento. Più si va verso il centro, più alta è la percentuale di voti per Giachetti, più ci si allontana, più alta è la Raggi, che raggiunge percentuali superiori al 40 per cento fuori dal raccordo.

Le ragioni di questo mutamento sono molteplici, e affondano le radici nei cambiamenti sociali della capitale negli ultimi anni, in cui sempre più persone sono andate a vivere fuori dal raccordo, senza tuttavia che i nuovi quartieri abbiano avuto di pari passo un ammodernamento delle infrastrutture, trasformandosi in quartieri dormitorio.

Fatto, questo, che ha favorito senza dubbio lo scontento dei cittadini verso le istituzioni che, dopo aver favorito la costruzione dei nuovi quartieri, li hanno abbandonati spesso a loro stessi. Questo ha reso l’elettorato di quest’area più flessibile, tanto più in una situazione come quella di Roma in cui il Movimento Cinque Stelle ha catalizzato su di sé il voto di protesta degli scontenti verso i partiti tradizionali.

Parallelamente, anche Giorgia Meloni riesce ad andare bene nell’est, dove ci sono più campi rom e centri d’accoglienza per migranti, superando Giachetti nel V e nel VI Municipio e portando al ballottaggio il suo candidato Vittorio Franco in quest’ultimo. Ma nulla di paragonabile all’avanzata del Movimento Cinque Stelle soprattutto in quei territori.

Nelle zone più periferiche, inoltre, i partiti tradizionali generalmente non funzionano bene nell’assolvere i loro compiti di coinvolgimento e assistenza della cittadinanza locale.

A dimostrazione, la relazione dell’ex ministro Fabrizio Barca sullo stato di salute dei circoli del Partito Democratico, mostra come molte delle sezioni di partito più facilmente in mano ai cosiddetti “capibastone” si trovino nelle zone ultraperiferiche, di nuova costruzione e il cui tessuto sociale è più flessibile.

A Roma, ricordiamo, negli ultimi due anni ha avuto luogo lo scandalo di Mafia Capitale, che ha coinvolto esponenti dei principali partiti di centrodestra e centrosinistra, con le immaginabili conseguenze sulla fiducia verso i partiti coinvolti.

Alla fine del 2015, inoltre, la grottesca vicenda delle dimissioni del sindaco Ignazio Marino, annunciate e poi ritirate, con la conseguente e del tutto inusuale dimissione di massa dei consiglieri comunali di maggioranza che hanno portato alla fine del mandato del sindaco, ha contribuito in modo determinante a danneggiare il consenso del centrosinistra a Roma.

In questa situazione, abbiamo dunque visto il Partito Democratico consolidarsi nelle aree con il reddito più alto e con il tessuto sociale più solido e radicato, che hanno “perdonato” se così possiamo dire, le responsabilità del partito sulla situazione attuale della capitale e cui un candidato come Giachetti, di estrazione radicale e uomo delle istituzioni come vicepresidente della Camera ha saputo parlare meglio, arrivando in questo modo alla vittoria anche con percentuali nette in zone storicamente di destra, ma perdendo completamente campo nelle zone più distanti dal centro.

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