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Sicurezza energetica, dati di fatto e falsi miti

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L'analisi di Nicolò Sartori ricercatore per lo IAI

Domenica 17 aprile i cittadini italiani si è svolto il referendum popolare sulla durata delle concessioni di coltivazione di idrocarburi nel sottofondo marino all’interno delle 12 miglia dalla costa. Il referendum non ha raggiunto il quorum, solo il 32,15 per cento degli aventi diritto si è recato a votare, e pertanto non è stata abrogata la norma che consente ai titolari di concessioni di sfruttare il giacimento fino al suo esaurimento.

Senza entrare nel merito del quesito referendario, definito in modo un po’ artificioso “antitrivelle” dai suoi promotori, appare importante chiarire alcuni punti relativi alla produzione nazionale di petrolio e gas naturale e al suo contributo alla sicurezza energetica del paese. Per farlo, è necessario partire da un dato di fatto, e da un falso mito.

Un dato di fatto: la dipendenza energetica

L’Italia è un paese fortemente dipendente dall’importazione di risorse energetiche. Nonostante il significativo contributo delle rinnovabili nel mix elettrico nazionale (circa il 40 per cento), alla luce della crescita delle importazioni di gas naturale e petrolio, il nostro Paese rimane altamente vulnerabile in materia di approvvigionamenti dall’estero.

Nel 2015, l’Italia ha importato oltre il 90 per cento dei propri consumi di gas naturale e il 92 per cento di quelli di greggio. E se le importazioni di greggio sono ben diversificate grazie a un portfolio di oltre 20 fornitori internazionali, la situazione nel settore del gas naturale è ben più problematica. 

Le importazioni italiane, infatti, sono fortemente concentrate, con Russia, Algeria e Libia che forniscono quasi tre quarti degli approvvigionamenti dall’estero. In particolare, nell’ultimo anno, la dipendenza dal gas russo ha raggiunto livelli critici, arrivando quasi al 50 per cento delle importazioni totali.

Il contributo del gas nel mix energetico italiano è particolarmente rilevante soprattutto alla luce del suo apporto fondamentale alla generazione elettrica. Ciò è dovuto anche al fatto che, contrariamente alla maggioranza dei Paesi dell’Unione europea, in base al risultato dei referendum del 1987 e del 2011, il nostro Paese ha rinunciato alla produzione di energia nucleare sul suo territorio. 

L’assenza del nucleare, che garantisce circa un terzo dell’elettricità prodotta nell’Ue, rende infatti la generazione elettrica in Italia maggiormente dipendente dal gas naturale – e quindi dalle importazioni – rispetto a gran parte dei partner europei.

Un falso mito: la scarsità di risorse

Ciò che viene spesso taciuto – e veniamo al falso mito – è che il nostro Paese non è così povero di risorse energetiche come viene fatto credere all’interno del dibattito nazionale. Sia ben chiaro: il sottosuolo italiano non ha niente a che vedere con quello dell’Arabia Saudita o della Russia, e nemmeno è quello norvegese, principale paese produttore di idrocarburi in Europa. 

Tuttavia, all’interno dell’Ue, l’Italia è il quarto Paese in termini di riserve certe alle spalle di Olanda, Regno Unito e Danimarca, con all’incirca 85 milioni di tonnellate di greggio e 53 miliardi di metri cubi di gas.

Stando alle stime sulle risorse totali (certe, potenziali e possibili), le risorse presenti nel territorio italiano potrebbero garantire circa 43 anni della produzione attuale di petrolio e 21 di quella di gas. Grazie alle nuove tecnologie per la prospezione e l’esplorazione – questi tipi di attività, in Italia, sono praticamente bloccati dall’inizio degli anni 2000 -, le risorse localizzate nel sottosuolo italiano potrebbero essere effettivamente maggiori.

Ad ogni modo, il raddoppio dell’attuale produzione interna, come previsto dalla Strategia energetica nazionale (Sen) elaborata dal governo nel 2013, permetterebbe all’Italia di ridurre le importazioni di quasi 10 punti percentuali nei prossimi due decenni. Il tutto a beneficio della sicurezza energetica del nostro Paese, nell’attesa che le politiche di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 vengano portate progressivamente a regime.

Strategie italiane ed europee

Ebbene sì, perché l’Italia, come l’Unione europea, è chiaramente impegnata in uno sforzo di trasformazione del proprio settore energetico verso un modello sostenibile. Ciò è evidente nelle linee guida fornite dalla Sen italiana e dall’Energy Union dell’Ue: entrambe hanno nel crescente contributo delle rinnovabili, nel mix energetico nazionale/europeo e nel miglioramento dell’efficienza energetica dei capisaldi imprescindibili. 

In quest’ottica, va anche letto il ruolo attivo del nostro paese a supporto dell’azione dell’Ue alla COP12 di Parigi, verso il raggiungimento di un accordo ambizioso e vincolante per la lotta al cambiamento climatico.

Nonostante questo, tuttavia, sia la Sen che l’Energy Union riconoscono l’importanza dello sfruttamento delle riserve autoctone di idrocarburi al fine di rafforzare la sicurezza energetica italiana ed europea. Nel bene e nel male, nei prossimi decenni le nostre economie continueranno a basarsi – seppur per quote sempre minori – sui consumi di petrolio e gas naturale. 

La nostra dipendenza da partner energetici potenzialmente poco affidabili (si pensi ad esempio alla situazione in Libia o alle incertezze relative al futuro algerino) o in fase di declino produttivo (Norvegia e Olanda) continuerà a essere pertanto un elemento di vulnerabilità geopolitica per il Paese. 

A essa si aggiungono considerazioni economiche non irrilevanti: l’attuale produzione nazionale di idrocarburi evita circa quattro miliardi annui di deficit commerciale, che potrebbero raggiungere gli otto in caso di raddoppio delle estrazioni. 

Si tratta di fondi che, anziché essere destinati a maggiori importazioni di greggio e gas naturale dall’estero, potrebbero essere meglio investiti in un progressivo processo di trasformazione (tecnologica, regolatoria, comportamentale) del nostro settore energetico da qui ai prossimi decenni, come chiaramente stabilito nelle priorità strategiche di Bruxelles e del governo di Roma.

— L’analisi è stata pubblicata da AffarInternazionali con il titolo “L’Italia, le trivelle e la sicurezza energetica” e ripubblicata in accordo su TPI con il consenso dell’autore. 

*Nicolò Sartori è responsabile di ricerca del Programma Energia dello IAI.

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