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Quali sono i paesi europei da cui partono più foreign fighters

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Il numero di combattenti stranieri che si sono uniti al sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria è raddoppiato nell'ultimo anno

Il numero di combattenti stranieri che si sono uniti al sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria è raddoppiato nell’ultimo anno. Lo ha rivelato un rapporto stilato dai servizi di sicurezza e di intelligence The Soufan Group (Tsg) con sede a New York e pubblicato il 2 dicembre 2015.

S&D

L’indagine è stata condotta nel mese di giugno 2014 e ha rilevato che negli ultimi diciotto mesi sono stati 27 mila i combattenti stranieri che si sono mossi dai loro paesi per unirsi allo Stato Islamico e ad altri gruppi estremisti. Il fenomeno ha interessato nel complesso 86 paesi.

L’incremento del numero di combattenti stranieri registrato nell’ultimo anno mostra come gli sforzi da parte delle potenze occidentali per contenere il flusso hanno avuto un impatto limitato. Si tratta di un fenomeno non omogeneo che ha interessato in maniera del tutto differente i paesi coinvolti.

Come mostra il grafico, il numero di combattenti stranieri provenienti dall’Europa occidentale è più che raddoppiato passando dai 2mila censiti nel 2014 ai 5mila del 2015. Incrementi significativi sono stati registrati nei paesi dell’ex Unione Sovietica, dove il numero dei combattenti è quintuplicato nel corso di un anno, mentre i paesi dove non si sono registrati aumenti significativi sono stati: il Nord America, i Balcani e il sudest asiatico. 

(Qui sotto il grafico che mostra la crescita del numero di combattenti dal 2014 al 2015. Credit: The Soufan Group)



Se nelle sue fasi iniziali, il processo di reclutamento dei combattenti che si sono uniti al sedicente Stato islamico è avvenuto mediante i social media, nei paesi in cui si sono registrati i flussi maggiori, come la Tunisia, l’Arabia Saudita, la Giordania e il Marocco, hanno giocato un ruolo significativo motivi più personali che politici.

Gran parte della propaganda video diffusa sul web dal sedicente Stato Islamico mira a vendicare le vittime civili cadute nelle campagne militari condotte contro di loro; gli appelli lanciati attraverso la propaganda si rivolgono soprattutto a coloro che cercano un nuovo inizio e non la vendetta per gli atti del passato. Giocano un ruolo importante anche la ricerca di appartenenza a un gruppo o la semplice avventura.

Secondo la prima indagine indipendente condotta nel giugno del 2014 dal centro di ricerche Soufan Group, le persone provenienti dai paesi dell’Europa occidentale che hanno intrapreso un viaggio in Siria per unirsi alla guerra civile sono state 2500. Diciotto mesi dopo il numero è raddoppiato.

Le stime indicando che più di 5mila combattenti provenienti dai paesi della Comunità europea si sono recati in Siria e in Iraq per unirsi alle fila del sedicente Stato islamico. Di questi, 3700 combattenti segnalati provengono dalla Francia, dalla Germania, dal Regno Unito e dal Belgio. 


Dal grafico emergono i punti seguenti:

– Le stime da parte delle autorità francesi indicano che circa 1800 individui hanno lasciato la Francia per unirsi ai combattenti del sedicente Stato islamico a partire dal mese di ottobre 2015;

– Altri 760 hanno lasciato il Regno Unito e 760 la Germania a partire dal mese di novembre 2015;

– 470 combattenti stranieri sono invece partiti dal Belgio a ottobre del 2015;

Tra le ragioni alla base di questo fenomeno di radicalizzazione in paesi laici come la Francia e il Belgio, ci sono:

– un diffuso senso di emarginazione fra le comunità di immigrati, in particolare provenienti dal Nord Africa;

– l’alienazione

– il senso di appartenenza a comunità ristrette entro le quali riconoscersi. Alcuni degli autori degli attacchi di Parigi del 13 novembre avevano vissuto nel quartiere Molenbeek di Bruxelles o erano comunque conosciuti. Lo stesso Salah Abdeslam, arrestato venerdì 18 marzo e latitante da quattro mesi, era rifugiato in un appartamento.  

Come mostra il grafico qui sotto,il Belgio ha registrato circa 500 combattenti stranieri che si sono uniti all’Isis in Iraq e in Siria nel 2015. 



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