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Cosa succede in Libia

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Quattro anni dopo la caduta di Gheddafi, abbiamo raccontato senza giri di parole la situazione in Libia, sempre più frammentata

In Libia è in corso una guerra civile da ormai quattro anni. Da quando è morto il colonnello Gheddafi (1969-2011), il conflitto civile libico ha riguardato principalmente le forze fedeli all’ex rais – al potere per 42 anni – e le varie forze rivoluzionarie.

S&D

Oggi la situazione è molto più confusa e incerta. Il Paese è diviso fra due parlamenti: uno regolarmente eletto a Tobruk; l’altro auto-dichiarato a Tripoli.

A ottobre 2015, l’Onu ha proposto un governo di unità nazionale che ingloberebbe il parlamento di Tripoli in quello di Tobruk. I due parlamenti si sono da sempre dimostrati perplessi su questa ipotesi e il parlamento di Tobruk ha già reso noto di essere contrario.

L’Onu minaccia sanzioni per chi si oppone all’accordo.

Qual è la situazione oggi?

Al momento ci sono due fazioni rivali che controllano la maggior parte del territorio libico:

1) Est della Libia: quest’area è prevalentemente controllata dalle truppe del governo di Tobruk, una città costiera nel nordest del Paese, non lontana dal confine con l’Egitto. Tuttavia la città più importante della regione, Bengasi, non è pienamente sotto il controllo dell’esercito di Tobruk.

Alcune aree di Bengasi infatti sono nelle mani di varie milizie, tra cui Ansar al Sharia. Quest’ultimo gruppo, considerato vicino ad al-Qaeda e allo Stato islamico, vorrebbe instaurare la legge islamica in tutta la Libia.

Anche la città di Derna, nel nordest del Paese, a metà tra Bengasi e Tobruk, è sotto il controllo di diverse fazioni di jihadisti, alcune delle quali alleate con l’Isis (è per questo che i recenti bombardamenti aerei condotti dalle forze militari egiziane, in collaborazione con il governo di Tobruk, hanno interessato principalmente quest’area).

2) Ovest della Libia: ci sono i ribelli di Alba Libica (Libyan Dawn), composti da un mix di islamisti e milizie provenienti da Misurata; secondo alcuni rappresentano il gruppo più potente, essendo in pieno controllo della città di Misurata e di una parte di Tripoli, la capitale della Libia (vedi mappa sotto).

3) Khalifa Haftar: in tutto questo gioca un ruolo fondamentale anche la figura del generale Khalifa Haftar, a capo dell’esercito di Tobruk, e già comandante sotto Gheddafi.

4) Milizie e ribelli: i rivoluzionari sono divisi in una miriade di milizie – armate e ben organizzate – che ricalcano la suddivisione tribale della Libia. Queste milizie sono unite contro il generale Khalifa Haftar, il quale a sua volta viene accusato da Guma al-Gamaty, leader del partito del cambiamento e di estrazione laica, di non voler lottare contro il terrorismo ma di essere interessato solamente al potere.

Un Paese, due parlamenti

Ciò in sostanza vuol dire che al momento in Libia esistono due parlamenti distinti:

1) il primo ha sede a Tobruk ed è ufficialmente riconosciuto dalla comunità internazionale, ma non dalla Corte suprema libica. Il parlamento è stato eletto il 25 giugno del 2014 e ha come primo ministro Abdullah al-Thani.

2) il Congresso nazionale, invece, si trova nella capitale della Libia, Tripoli, ed è in carica dall’8 agosto 2012. Ha deciso di non sciogliersi una volta scaduto il suo mandato a metà 2014. Omar al-Hasi è il suo primo ministro ed è sostenuto da diverse formazioni islamiste.

Dove si trova l’Isis in Libia?

La presenza dello Stato islamico è pienamente accertata a Derna, nel nordest della Libia, dove da almeno ottobre controlla l’intera città. L’Isis ha preso il controllo della città di Sirte, dove il gruppo terroristico ha conquistato alcuni edifici governativi e preso possesso dell’ospedale, della radio e della tv locale.

— Che cos’è l’Isis e che cosa vuole Abu Bakr al-Baghdadi, spiegato senza giri di parole
In realtà, l’Isis è influente in varie località del Paese, compresa Tripoli. L’attentato del 27 gennaio scorso all’Hotel Corinthia, uno dei luoghi più frequentati dagli stranieri a Tripoli, dove sono morte nove persone, è stato rivendicato proprio dagli uomini di al-Baghdadi, il califfo a capo dello Stato islamico.

Che cosa ha fatto la comunità internazionale finora?

Dopo la caduta di Gheddafi, ci sono stati due importanti incontri. Il primo a settembre dell’anno scorso, a Madrid, sullo sviluppo e sulla stabilità della Libia, dove ha partecipato anche l’Italia.

Il secondo e più significativo si è tenuto a Ginevra, ed è cominciato il 14 gennaio del 2015. Durante l’incontro le Nazioni Unite hanno iniziato i colloqui per creare un governo di unità nazionale e mettere fine alle ostilità. Il governo di Tripoli ha però deciso di boicottare l’evento.

Lunedì 19 ottobre 2015, il parlamento di Tobruk ha rifiutato la proposta dell’Onu di un governo di unità nazionale in Libia. La proposta era arrivata il 9 ottobre, dopo mesi di negoziazioni: il parlamento di Tripoli aveva chiesto altre modifiche al testo della proposta.

Proprio le modifiche al testo apportate da Tripoli avrebbero spinto Tobruk a rifiutare la proposta. È necessario il beneplacito di entrambi i parlamenti – quello di Tripoli e quello di Tobruk – per approvare il governo proposto dall’Onu.

La proposta prevede che 40 deputati del parlamento di Tripoli vengano inclusi in quello di Tobruk, che rimarrebbe il corpo legislativo principale. Il premier sarebbe Fayez Sarraj. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha incoraggiato entrambi i parlamenti ad accettare la proposta, e minaccia sanzioni per chi vi si oppone.

Cosa succede ora?

L’Italia, come ha riferito il ministro della Difesa Pinotti, si è detta pronta a guidare un intervento internazionale in ambito Onu con una coalizione di Paesi europei e nordafricani.

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferirà giovedì 19 febbraio in Aula per avviare il dibattito tra le forze politiche.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato che la situazione in Libia è fuori controllo, ma ha anche detto che questo non è ancora il momento di intervenire militarmente e ha rilanciato l’opzione dei colloqui diplomatici, chiarendo che la comunità internazionale ha tutti gli strumenti per intervenire.

In risposta alla decapitazione di 21 cristiani copti di nazionalità egiziana, l’Egitto, insieme alle truppe libiche fedeli al parlamento di Tobruk, ha compiuto una serie di raid aerei sulla città di Derna, controllata dall’Isis, uccidendo tra i 40 e i 50 miliziani dello Stato islamico.

Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, inoltre, insieme al presidente francese Francois Hollande, ha chiesto al consiglio di sicurezza Onu di approvare nuove misure contro l’Isis.

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