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Noyz Narcos, il rapper overground

Immagine di copertina

Una chiacchierata con Noyz Narcos. The Post Internazionale ha intervistato l'artista hip hop in seguito all'uscita del suo nuovo album

Da diversi anni assistiamo a una notevole crescita del mercato musicale rap in Italia. Balzano sempre più agli occhi di un qualsiasi osservatore il numero di visualizzazioni che gli artisti della scena hip hop ottengono con i loro videoclip su Youtube, e le numerose volte in cui i loro brani riescono a scalare le classifiche di iTunes.

S&D

Questo genere di musica ha scalzato il pop italiano nei posti che prima occupava nel mondo dell’industria discografica, dell’intrattenimento mediatico e televisivo, e nello spettacolo, imponendosi addirittura come un nuovo fenomeno culturale per un pubblico che non comprende ormai più soltanto le generazioni più giovani.

La conferma arriva puntuale quando nel mese di giugno una fila interminabile che si snoda per le vie del centro di Roma attira la mia attenzione. Centinaia di ragazzi in coda sono di fronte a un negozio.

Uno di loro mi informa che è in corso la presentazione di Localz Only, il nuovo album del rapper romano Noyz Narcos in collaborazione con Fritz da Cat, uno dei più importanti beatmaker – i musicisti che realizzano le basi nelle canzoni hip ­hop -­ italiani.

La curiosità mi porta dopo qualche giorno a ritrovarmi in compagnia di Emanuele Frasca, in arte Noyz Narcos, per fare una chiacchierata sulla sua carriera, il suo nuovo album e per parlare della scena hip hop in Italia.

Per chi ancora non lo conoscesse, Noyz Narcos è uno dei maggiori musicisti rap, uno dei più discussi (proprio nel periodo in cui ho ottenuto i primi contatti, la notizia di un suo presunto arresto ha fatto molto parlare di lui su quotidiani e social network), e sicuramente dei più talentuosi.

Confesso di conoscere diverse canzoni di Noyz Narcos e ho deciso di ascoltare anche il suo nuovo album. Dopo averlo ascoltato, ho avuto la possibilità di poter intervistare l’autore, che si è mostrato disponibile nel soddisfare le mie curiosità.

Una delle prime cose che ricordo di avergli domandato è che rispetto ai suoi precedenti lavori musicali ho notato un salto di qualità nel nuovo album, come se i testi e le basi su cui rappare un po’ si allontanassero da quelle atmosfere dure, di forte impatto che i rapper sono soliti impiegare per veicolare ed esprimere i loro messaggi, spesso espliciti e diretti.

Mi risponde che in effetti sì, questo è un album particolare rispetto agli altri e che nel realizzarlo aveva in progetto di fare qualcosa di diverso, proprio perché forse è il rap a essere diventato diverso. Si è imposto culturalmente, mediaticamente, e sono tanti gli artisti che si cimentano nella produzione di musica hip ­hop.

Non è più come prima, e si rischia di essere artisti senza avere alle spalle il giusto background.

È così che è nata la voglia di fare questo disco, provando a cambiare gli ingredienti, ormai troppo manipolati, ma cercando di lasciare il prodotto inalterato, fedele alle proprie radici. Anche il nome scelto per l’album va in questa direzione, e Noyz lo ha adottato perché è il testo che compare su alcune spiagge per surfisti, indicando che lì l’accesso è riservato solo a chi è del posto, ai “locals only” appunto.

Ascoltando le tracce del nuovo album si percepisce il lavoro di selezione fatto sulle rime, e scherzo con lui dicendo che, come si usa per alcuni grandi poeti, queste sono le sue rime della maturità.

Suonare insieme a Fritz da Cat poi, esponente della vecchia scuola hip hop, evidentemente deve averlo fatto tornare indietro nel tempo un po’ anche a lui.

Noyz sorride e confessa che in effetti l’impegno c’è stato nel migliorare la qualità del prodotto artistico e che è una definizione che si sente di attribuire, e poi mi racconta un siparietto divertente in cui proprio con il suo beatmaker era nata quasi una gara a chi ricevesse la maggior quantità di “lei” dai fan più giovani nel corso delle presentazioni dell’album.

Nel corso del nostro colloquio, Noyz tende a mostrarsi umile e composto, a tenere un profilo basso, rispondendo alle mie domande con schiettezza e disponibilità. Allora lo incalzo affermando che non può non riconoscersi il merito di aver conquistato una fetta importante di mercato e di pubblico, soprattutto perché la dimensione della sua musica ha superato da tempo i confini dell’hinterland romano, estendendosi in tutto il Paese.

Mostra appena un accenno che mi fa capire quanto il successo e la notorietà non devono essere guardati ossessivamente per un artista come un punto d’arrivo. Dice che la cosa importante è essere sempre se stessi e cercare di esprimere, a prescindere, la propria sensibilità senza star troppo a guardare gli altri, senza guardare il mercato e farsi troppi condizionamenti.

Mi spiega la cosa più nello specifico, e a sentirlo parlare pare di ascoltare quei politici tutti di un pezzo che non esistono più. Afferma infatti che le cose si costruiscono col tempo, come ha cominciato una decina di anni fa con la sua crew, i Truceboys prima e i Trucklan in seguito, spostando il contenuto del rap fatto prima solo di confronti fra stile e metriche a qualcosa di più concreto come le esperienze quotidiane, e i propri stati d’animo.

Così, continua a spiegarmi, sono iniziate a cambiare le cose, e questo genere di musica si è avvicinata molto di più alla gente, conquistando sempre maggior pubblico. E poi ancora mi dice che prima di tutto il successo non è venuto con i dischi, ma andando in giro nei locali, riempiendoli, stando a contatto col pubblico e facendolo divertire.

Neanche con le provocazioni riesce a scomporsi. Lo stuzzico dicendogli che qualcuno potrebbe avere l’impressione di notare un cambiamento stavolta troppo drastico, nello stile che lo ha caratterizzato. Ribatte che all’età di 35 anni, con dieci dischi alle spalle, tanta esperienza nel rap e dopo tanta gavetta fatta, ha sentito il bisogno di fare qualcosa di nuovo.

Mi confessa stavolta che perfino i suoi fratelli più grandi gli hanno rilasciato un feedback positivo per il suo nuovo lavoro.

Lo ascolto e dimostra di tenerci a questo progetto, e di essere fiducioso. Gli faccio notare però che si potrebbe pensare che il vecchio Noyz più hardcore si è ammorbidito per conquistare un pubblico maggiore. Risponde ancora una volta fermo che un artista non si deve adeguare alle richieste del pubblico, e neanche dimostrare poca capacità nel produrre qualcosa di diverso, ma deve continuare a sperimentare e a rinnovarsi.

Quando dico che così però rischierebbe in futuro di passare come artista commerciale agli occhi dei più critici, è secco e deciso nel puntualizzare che un conto è essere mainstream, un altro essere commerciali o commerciabili, e mi assicura che produrre qualcosa purché venda, qualche “canzonetta scema” come dice lui, non è davvero nelle sue corde.

E di certo raggiungere la notorietà, a livello mainstream, non gli dispiacerebbe, d’altronde costituisce parte del suo lavoro.

Soprattutto, approfondendo nello specifico questo aspetto, sostiene che il rap è cambiato in questi anni perché i connotati underground che hanno tanto caratterizzavano la street­life hip hop fino agli ultimi tempi ora stanno andando in una direzione diversa, verso un pubblico che non per forza si identifica culturalmente con questo genere.

Riassume questo concetto con il termine overground, per illustrarmi che come il pop era ascoltato da tante tipologie di persone, così ora sta accadendo per la musica rap, che si è aperta a un pubblico sempre meno identificabile con l’hip hop underground.

Faccio notare a Noyz che nel leggere questa intervista sul nostro giornale, che certo non è del settore ma che forse per sua stessa definizione potrebbe rappresentare un bacino di pubblico overground, potrebbero piovere commenti critici e di accusa al suo genere musicale, relativo all’utilizzo di un linguaggio violento, volgare e a comportamenti poco raccomandabili, come il suo ultimo fermo per utilizzo di stupefacenti.

Replica dicendo che si tratta di un pregiudizio tutto italiano, e che non è così negli altri Paesi, senza pensare che certi tipi di contenuti sono da sempre presenti nelle canzoni di artisti rock che hanno ottenuto un successo internazionale.

Le ambientazioni dell’ultimo lavoro di Noyz certo non sono violente, descrive paesaggi sul mare, alberghi, piatti a base di pesce crudo e di ostriche, si allontana dalla dimensione urbana noiosa e caotica, cara alla cultura rap, per trovare fra la sabbia e sul lungomare una via di fuga.

Gli dico, per fare una battuta, che sembra quasi un disco pensato per l’estate e lui riconosce che, se l’uscita dell’album fosse slittata, gli sarebbe dispiaciuto perché forse le atmosfere descritte nelle sue canzoni in questa stagione d’estate e di vacanze si apprezzano sicuramente di più.

Intanto Noyz è ancora al lavoro, impegnato con le date del suo tour, che proprio a fine mese lo vedranno calcare il 31 luglio il palcoscenico della sua città, Roma.

In attesa che Noyz continui a fare il pieno con i suoi concerti confermandosi anche a livello di overground, è vero che i suoi testi, se ascoltati sulla spiaggia fra scampi e orate crude, fanno pensare che questo suo ultimo lavoro, come dice una canzone dell’album a cui mi dice di tenere particolarmente, “è roba da barone”.


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