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Il treno che divide

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Il treno ad alta velocità dovrebbe collegare meglio l'Italia all'Europa, invece divide gli italiani. L'articolo del New York Times

Da due decenni, un’aspra battaglia ruota intorno alla costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione. Adesso la vicenda approda sulla stampa estera finendo sulle pagine del New York Times. Elisabetta Povoledo racconta dalle pagine del quotidiano statunitense come, nel corso degli anni, la saga della linea ferroviaria sia stata punteggiata da episodi di resistenza popolare e numerose manifestazioni, ma anche da scontri violenti, atti di sabotaggio notturni e persino accuse di terrorismo.

Tutto questo ha fatto sì che oggi il cantiere del treno ad alta velocità – a Chiomonte, pittoresco villaggio in Val di Susa – sia praticamente fortificato. Per accedervi i visitatori devono prima passare attraverso un checkpoint della polizia, poi uno militare, mentre alte barriere di filo spinato scivolano lungo il fianco della montagna e veicoli blindati percorrono strade tortuose fiancheggiate da vigneti.

“La gente del posto ha a lungo fatto resistenza al collegamento ferroviario, temendo danni per le falde acquifere, nonché l’eventuale rilascio di amianto e materiali radioattivi durante lo scavo”, scrive Elisabetta Povoledo, “Hanno anche messo in dubbio il senso economico di un progetto che ha richiesto un esborso iniziale di oltre 8 miliardi di euro”. Ma la questione della Val di Susa ha anche dato vita a un più ampio dibattito culturale e politico in Italia, che mira a bilanciare l’identità del paese con l’integrazione europea e più in generale, la conservazione con il progresso. La linea ferroviaria rappresenterebbe la prima sezione del corridoio mediterraneo – un percorso transeuropeo ferroviario da Algeciras, in Spagna, a Budapest, Ungheria – che la commissione europea ha nominato come una priorità. Ma alcuni residenti hanno un’idea diversa di sviluppo, e percepiscono in maniera molto distante le decisioni che vengono prese a Roma e Bruxelles.

Le ragioni degli abitanti della Val di Susa sono state ascoltate dai membri del Movimento 5 stelle, il cui leader, Beppe Grillo, stato recentemente condannato a quattro mesi di prigione per aver rotto i sigilli di un edificio posti dalla polizia durante una protesta. Altri 9 membri del gruppo di No-Tav sono stati condannati con la stessa accusa e dovranno scontare fino a 9 mesi in prigione.

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