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Home » Esteri

Due pesos, due misure

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La costante inflazione presente in Argentina ha svalutato la valuta locale e i cittadini cercano alternative

Nella calle Florida, fulcro del ‘Microcentro’ di Buenos Aires, qualsiasi avventore occasionale o turista che vi transita per la prima volta viene bombardato da sonore urla che dicono “Cambio!” provenienti da ogni angolo. Tra edicole, agenzie di viaggio e negozi di ogni tipo si distribuiscono in maniera cadenzata gli autori di queste urla, i cosiddetti ‘arbolitos’, ossia coloro che propongono un cambio di valuta estera parallelo o alternativo, totalmente differente da quello che si può effettuare nelle normali agenzie di cambio sparse in tutta la capitale argentina.

S&D

Questi cambi di denaro, che convengono di gran lunga sia ai turisti sia ai traffichini di turno, vengono effettuati lontano da sguardi indiscreti. Una volta accordato il tasso di cambio l’operazione viene svolta in un luogo nascosto, che può essere un ristorante, un sottoscala o addirittura la casa di qualcuno. La sicurezza non è garantita, anche perché il misterioso compratore di valuta estera non è solito piazzarsi al solito angolo e di conseguenza se truffati difficilmente si riuscirà a incontrarlo nuovamente. Inoltre i pesos, la valuta argentina ufficiale, possono essere falsi. Magari non tutti, ma alcune banconote sì. È un rischio da correre per i turisti statunitensi o europei che intendono moltiplicare il loro potere d’acquisto in Argentina.

Tutto ha avuto origine nel 2011, quando hanno iniziato a essere quotati i cosiddetti ‘dolar blue’ ed ‘euro blue’, ovverossia le valute di cambio parallele di dollari e pesos al mercato nero. Data l’’inflazione rapidissima, infatti, molti pagamenti di un certo tipo iniziavano a venire effettuati in dollari da coloro che avevano accumulato riserve dalla grande crisi del 2001, che determinò in maniera irreversibile l’instabilità dell’economia argentina. Durante il 2011 la forte domanda di dollari statunitensi aveva fatto crollare da 52 a 43 miliardi di dollari le riserve del Banco Centrale Argentino, mentre le fughe di capitale si aggirava intorno ai 21 miliardi di dollari. La presidentessa Cristina Fernández de Kirchner, da poco succeduta al marito Nestor Kirchner, da quel momento impose delle forti restrizioni all’acquisto di valuta estera da parte dei cittadini argentini, riuscendo a limitare la fuga di capitali e di conseguenza acutizzando il fenomeno delle valute parallele, da quel momento chiamate ‘blue’.

Per acquistare una valuta estera ogni cittadino argentino aveva l’obbligo di dimostrare quanto effettivamente guadagnasse al netto delle tasse. Si pensava che tale disposizione avrebbe evitato, oltre alla fuga di capitale, il riciclaggio di denaro sporco e l’evasione fiscale. Tuttavia questa manovra non portò i frutti sperati e i pesos continuarono a perdere di valore rispetto a dollari, euro e sterline. Fu così che il 5 luglio 2012 la Banca Centrale Argentina proibì a tempo indeterminato l’acquisto di qualsiasi tipo di valuta estera ai cittadini argentini. Da lì l’incremento dei giochi sottobanco di veri e propri rigattieri di denaro, che maneggiano quantità elevatissime di dollari ed euro, consapevoli di fare un favore a molti cittadini.

Questo gioco contorto è favorito dalla tremenda svalutazione del peso argentino, che è arrivato ai minimi storici, come asserito dalla presidentessa giorni fa durante un discorso alla nazione. Per quest dal 24 gennaio scorso, è nuovamebte permesso l’acquisto di dollari, sempre che si possa dimostrare di guadagnare una certa quantità di pesos e di non investirli all’estero. L’inflazione reale oscila tra il 25 e il 30% e uno dei leader dei sindacati, Antonio Caló, ha annunciato che il Governo deve prendersi cura delle classi più disagiate perché “la gente non riesce a comprare nemmeno da mangiare”.

Esiste, dunque, un doppio tenore di vita nel paese sudamericano più simile all’europa. Il costo dei beni tende a seguire le oscillazioni del mercato finanziario e fare la spesa in un qualsiasi supermercato di grande distribuzione a Buenos Aires equivale, in pratica, a una spesa fatta in un grande magazzino di Parigi o Roma. Non è un caso, infatti, che molte famiglie siano costrette a effettuare vari tipi di spese, tra cui quella per beni alimentari di prima necessità, addirittura a rate.

La differenza tra il cambio ufficiale e quello parallelo è abissale. Chiunque se ne può rendere conto anche solo scambiando due parole con uno dei celebri ‘arbolitos’. Oggigiorno, mentre in una qualsiasi agenzia di cambio per ogni dollaro si ottengono 7,85 pesos, al mercato nero se ne ottengono 11,50. Se parliamo di euro, invece, il cambio ufficiale è di 1 a 9, mentre quello alternativo è di quasi 14 pesos. Un vantaggio non indifferente per gli europei e gli americani che intendono trascorre dei giorni di vacanza in Argentina, mentre per gli autoctoni, guadagnare in pesos alla lunga è sempre meno conveniente.

I dissidi interni non contribuiscono a migliorare la situazione economica generale e, come al solito, a farne le spese in maniera diretta sono i cittadini, costretti a vivere giorno per giorno senza sapere quanto i loro risparmi varranno nel lungo periodo. Inoltre, la crisi economica è sinonimo di crisi politica: il ministro dell’economia, Alex Kiciloff, futuro candidato del partito kirchnerista, vede traballare la sua posizione già da subito. Su quali basi, tra un anno, i cittadini dovrebbero votare colui che non riesce a invertire una tendenza economica che potrebbe portare a un’altra crisi come quella del 2001?

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