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Dopo la guerra, il calcio

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Croazia e Serbia si sfidano per le qualificazioni mondiali

Per la seconda volta dopo la dissoluzione della Jugoslavia, Croazia e Serbia si sfidano su un campo da calcio e questa volta in palio ci sono le qualificazioni ai Mondiali.

S&D

Nel 1999, a pochi mesi dalla fine della guerra del Kosovo, la doppia sfida per le qualificazioni europee finì 0 a 0 a Belgrado e 2 a 2 a Zagabria. La tensione raggiunse il culmine proprio nella gara di ritorno in terra croata, in cui, nonostante la bolgia e gli insulti, il pareggio qualificò i serbo-montenegrini.

I calciatori delle due squadre questa volta si incontreranno a Zagabria, in uno stadio i cui posti si sono esauriti in breve tempo. Ai tifosi serbi è stato impedito di assistere all’evento per evitare il più possibile incidenti.

Allo stesso modo verrà proibito ai tifosi croati di assistere alla gara di ritorno a settembre in Serbia. Stasera, lo stadio sarà sorvegliato da circa 1.500 agenti, dispiegati per evitare scontri violenti.

La dichiarazione di indipendenza della Croazia dalla ex Jugoslavia nel giugno 1991 scatenò una guerra pluriennale. Dopo la fine del conflitto i rapporti tra i due stati confinanti sono gradualmente migliorati, ma gli eventi sportivi sono ancora considerati ad alto rischio, in particolare perché nelle tifoserie si rifugiano ancora molti hooligans ultra-nazionalisti, pronti a scontrarsi violentemente contro le tifoserie avversarie.

Per questo gli incontri sportivi tra la Croazia e la Serbia hanno ancora una carica emotiva notevole. Croazia e Serbia sono stati multati più volte a causa della violenza e dei comportamenti razzisti che coinvolgono i loro fan. Diverse misure di sicurezza saranno in vigore, compresi controlli più severi alle frontiere e su tutte le vie di comunicazione di Zagabria.

“È il calcio, non la guerra, che ci attende a Zagabria” ha dichiarato Sinisa Mihajlovic, allenatore della nazionale serba.

L’ultima partita tra squadre dei due diversi Paesi si svolse l’8 maggio 1991. 5.000 persone si radunarono allo Stadio Partizan di Belgrado per la finale di Coppa federale intitolata a Tito, l’uomo che aveva tenuto insieme la Repubblica jugoslava e le regioni etnicamente e religiosamente diverse dopo la Seconda guerra mondiale.

A quel tempo l’Hajduk, della città croata di Spalato sul mare Adriatico, incontrò la Stella Rossa di Belgrado, che incarnava l’ideale jugoslavo con giocatori provenienti dai diversi Paesi al suo interno (ma in seguito sarebbe diventata squadra simbolo dell’ ultranazionalismo serbo). L’Hajduk Spalato vinse la partita per 1-0. La guerra civile era imminente. Fu l’ultimo evento calcistico della Jugoslavia unita.

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