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Michel Aoun è il nuovo presidente del Libano

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Dopo 29 mesi di stallo, inediti negoziati tra acerrimi rivali e colpi di scena, l'81enne ex generale Aoun ha ottenuto la presidenza del Libano

Michel Aoun è il nuovo presidente del Libano, eletto dal parlamento lunedì 31 ottobre 2016 al secondo turno di votazioni.

Un esito annunciato perché in Libano il risultato si decide prima delle votazioni, con lunghe trattative pubbliche e segrete, alleanze improbabili e colpi di scena. 

Così, dopo oltre due anni (29 mesi, per essere precisi) di stallo politico, il paese ha finalmente come nuovo presidente il vecchio Michel Aoun. Il suo predecessore Michel Suleiman, infatti, ha terminato il suo incarico il 24 maggio 2014 e da allora il facente funzioni è stato Tammam Salam, il primo ministro.

Ventisei anni dopo essere stato estromesso dal palazzo presidenziale dall’esercito siriano – il 13 ottobre 1990, al tempo in cui serviva come primo ministro – e costretto all’esilio in Francia, Aoun ottiene la poltrona di presidente con il sostegno di molti dei suoi vecchi nemici.

L’81enne leader cristiano può contare sul supporto del movimento sciita Hezbollah, con il quale collabora da circa un decennio. Ma la vera sorpresa è l’endorsement del leader sunnita Saad al-Hariri (figlio di Rafiq al-Hariri, il due volte primo ministro assassinato il 14 febbraio 2005), che otterrà in cambio la poltrona di primo ministro.

La lunga paralisi politica libanese aveva destato forti preoccupazioni e il timore che il paese venisse trascinato nel conflitto civile della vicina Siria, dove già sono impegnate le milizie di Hezbollah.

Ma chiunque abbia la minima familiarità con la politica libanese non può rimanere sorpreso né dal lungo stallo né dalle manovre politiche che hanno portato a quest’ultimo sviluppo.

Tuttavia, e nonostante l’insolita ampia alleanza che appoggia Aoun, non è affatto detto che la sua elezione risolva la situazione e che la sua amministrazione risulterà in grado di raccogliere quel consenso ad ampio spettro tra tutte le comunità confessionali libanesi che occorre per guidare il paese attraverso una navigazione incerta nell’attuale instabile panorama regionale. O almeno così la pensa Nabil Boumonsef, analista politico interpellato dall’agenzia di stampa Reuters.

Chi è Michel Aoun e chi lo appoggia?

Michel Aoun è un ex generale che è stato a capo delle forze armate libanesi e oggi guida il più grande partito cristiano in seno al parlamento, nonché la principale formazione all’interno dell’Alleanza dell’8 marzo, un movimento interconfessionale filo-siriano di cui fa parte anche Hezbollah.

È stato per decenni una figura di spicco del panorama politico libanese e tra i leader cristiani del Medio Oriente è probabilmente uno dei più importanti e dei più autorevoli.

Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, ha deciso di appoggiare Aoun sin dall’annuncio della sua candidatura due anni fa, in parte per ricambiare il sostegno ricevuto da lui in varie occasioni, da ultimo quando nel 2013 ha deciso di inviare le sue milizie in Siria a combattere al fianco del presidente Bashar al-Assad.

Ma Aoun ha anche ottenuto il sostegno di Samir Geagea, leader delle Forze libanesi (la milizia oggi partito fondata da Bachir Gemayel) che appartiene al campo dell’Alleanza del 14 marzo, lo schieramento anti-siriano guidato dal Movimento Futuro di Hariri che si oppone all’Alleanza dell’8 marzo.

Geagea e Aoun non sono solo rivali: si sono scontrati per trent’anni, anche militarmente durante la lunga guerra civile (1975-1990).

Estromessi entrambi dalla politica libanese dopo l’intervento di Damasco degli anni Novanta, sono ricomparsi sulla scena dopo che l’esercito siriano si è ritirato dal territorio libanese nel 2005.

Ma mentre Aoun si è avvicinato a Hezbollah, Geagea ha preferito allearsi con lo schieramento di Hariri.

Senonché la decisione presa lo scorso anno dal campo sunnita di sostenere alla presidenza Suleiman Frangieh a suo discapito – un vero e proprio tradimento – ha convinto Geagea ad appoggiare Aoun, una decisione per certi versi estrema.

Nota bene, Frangieh, esponente dell’Alleanza dell’8 marzo, è probabilmente il più fervente sostenitore degli Assad. Fu suo nonno a chiedere al regime siriano di intervenire in Libano nel 1976 e i legami tra le due famiglie sono solidi. Posto che Hariri considera responsabili dell’assassinio del padre Hezbollah e il regime siriano, l’appoggio a Frangieh aveva destato notevole scalpore.

Infine, l’ultimo colpo di scena: Hariri ha deciso di stringere un accordo con Aoun in cambio della posizione di primo ministro e della fine di un esilio che lo aveva costretto a prendere domicilio in Arabia Saudita dopo la caduta del governo di unità nazionale nel quale era premier (2009-2011).

Anche Walid Jumblatt, il leader druso (altra denominazione musulmana) che si era schierato a favore di Frangieh, ha poi deciso di sostenere Aoun, ma l’intreccio descritto sopra mostra come si tratti di alleanze di convenienza e di dubbia solidità.

A opporsi all’ex generale c’era invece il presidente del parlamento, il leader sciita Nabih Berri.

Come funziona il sistema politico libanese?

Il parlamento libanese conta 128 seggi assegnati attraverso un sistema di quote: metà vanno ai cristiani e l’altra metà ai musulmani. Dei 64 riservati ai cristiani, 34 sono assegnati ai maroniti e gli altri 30 suddivisi tra le restanti confessioni. Nel campo musulmano, a sunniti e sciiti vanno 27 seggi ciascuno, otto ai drusi e due agli alawiti – la confessione cui appartiene anche la famiglia degli Assad.

La presidenza del Libano è riservata a un membro della comunità cristiana maronita, la premiership a un membro della comunità sunnita e la presidenza del parlamento a un membro della comunità sciita. 

L’elezione del presidente avviene tramite votazione parlamentare e il candidato deve ottenere una maggioranza di due terzi al primo turno o la maggioranza assoluta al secondo. È necessario perciò che raccolga il consenso non solo della comunità cristiana ma anche delle altre.

Questa struttura politica è stata stabilita nel 1989, alla fine della lunga guerra civile, con gli Accordi di Taif, siglati in Arabia Saudita. 

Durante il primo turno delle votazioni di oggi, Aoun ha ottenuto 84 voti su 128, due in meno di quelli necessari a ottenere la presidenza. Al secondo turno, ha racimolato 83 voti, ben al di sopra della maggioranza assoluta necessaria (65 voti).

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