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Il cuore nero di Napoli ha un volto di cui nessuno vi parla

Immagine di copertina

Il reportage di TPI da Scampia, dove associazioni e singoli abitanti si mobilitano per trasformare il quartiere, con iniziative ricche di speranza e felicità

“Ti ripeto, è un quartiere felice”. Pietro Mascetta è nato e cresciuto a Scampia, a Napoli. È un ragazzo coraggioso, rispettoso e ha tanta voglia di migliorare il luogo in cui vive, smentendo i pregiudizi che ruotano attorno alla sua terra. 

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I murales di Piscinola

“Io ci vedo speranza e felicità. Ci sono stati miglioramenti rispetto gli anni passati, ci sono comunità per combattere la criminalità e il degrado”, sostiene Pietro. È uno studente universitario che come tanti altri ha collaborato con le associazioni locali a migliorare la vita dei meno fortunati, che hanno incrociato un destino che li ha portati sulla cattiva strada.

“Sembra che qualcosa si stia muovendo, stanno pure costruendo un’università di medicina”, racconta. “L’importante è che tutto questo non sia abbandonato, perché molte cose sono lasciate lì, come i progetti per dare soldi ai politici”.

Come lui, molti cittadini si oppongono a ciò che i media raccontano di Scampia, dicendo “no, nun ce ne iamm a ccà” (“no, non ce ne andiamo da qui”) e cercando di risolvere i problemi, senza scappare. 

“Fiori tra le spine”, si legge su uno dei murales presenti nella stazione della metropolitana di Piscinola. La scritta rappresenta la Scampia che vuole rinascere.

“La fortuna è che il napoletano è una persona di cuore, a prescindere se è malament, buono, laureato, o medico”, racconta Pietro. “Il napoletano tende ad aiutarsi: a Napoli nessuno fa la fame, in un modo o nell’altro mangiano tutti”.

(I murales nella stazione della metropolitana di Piscinola, a Napoli. Credit: Alice Ambrogio. L’articolo prosegue sotto la foto)

Pietro ha collaborato con il Barrito del Mammut, un centro di ricerca con sede in Piazza Giovanni Paolo II, che sperimenta forme di aggregazione tra i bambini del quartiere e i rom mediante l’arte, il teatro e la didattica. Ma anche con la comunità di Sant’Egidio, che promuove la diffusione della parola del Vangelo, l’aggregazione tra individui, la solidarietà con i meno fortunati e soprattutto il dialogo come via per raggiungere la pace. 

“Rigenerazione” è una delle parole dipinte sul muro che accolgono visitatori e cittadini, al piano superiore della stazione. Il murales è stato realizzato dai partecipanti al progetto Oltre i muri, insieme ad artisti come Lorenzo Gosh e Orazio Aiello, diretti da Francesco Del Vecchio e Corrado La Mattina.

Questa iniziativa è coordinata dall’associazione Let’s think e si impegna nella creazione di murales su tematiche legate alla rinascita in spazi pubblici, impegnandosi nella riqualificazione urbana attraverso la street art.

 (Scampia. Credit: Alice Ambrogio. L’articolo prosegue sotto la foto)


Le Vele di Scampia

I murales riguardano tutta l’area nord di Napoli, da Scampia fino alla provincia, quasi sempre con un protocollo di intesa con le istituzioni. 

Non molto lontane dalla stazione si ergono alte e fiere le Vele: grandi e complessi edifici, ognuno dei quali ha il nome di un colore in contrapposizione al manto grigio attuale. Il grigiore è interrotto dai panni stesi e dalle risate dei bambini che giocano per strada e dalle chiacchiere dei genitori affacciati ai balconi. 

È evidente che i problemi legati alla sicurezza persistono: le condizioni in cui vivono i cittadini in queste abitazioni è tutt’ora sconcertante. Scampia e le sue Vele vengono definite “il cuore nero di Napoli”, un quartiere senza scampo, circondato da altre zone difficili di Napoli. 

(Le vele di Scampia. Credit: Alice Ambrogio. L’articolo prosegue sotto la foto)

Ma anche se nessuno ne parla, i cittadini stessi stanno cercando la via per il miglioramento. Siccome nessuno è in grado di ascoltarli, scrivono frasi sui muri, come “scuola e libertà”, evidenziando la voglia di scardinarsi dai pregiudizi di cui sono vittime. 

“È frequente trovare piazze di spaccio e questo incide sui bambini. Sono abituati al lavoro dello spacciatore: ci nascono, ci crescono e ci vivono in queste situazioni, e per loro non c’è nulla di male”, sottolinea Pietro. “Ma è un quartiere dove i ragazzi seguono anche i loro sogni, come quelli legati allo sport. Io, come la maggior parte dei ragazzini di qui, ho fatto Judo dal maestro Maddaloni, che cerca di portare i suoi allievi sulla buona strada, allontanandoli da quella cattiva”.

(Bambini si allenano nella palestra di Judo del maestro Gianni Maddaloni. Credit: Alice Ambrogio. L’articolo prosegue sotto la foto)