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Cosa prevede il disegno di legge sulle unioni civili in Italia

Immagine di copertina

Se il ddl Cirinnà fosse approvato, garantirebbe alle coppie gay diritti molto simili a quelli delle coppie eterosessuali sposate

Il testo della legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il cosiddetto ddl Cirinnà-bis, è approdato in aula in Senato dopo essere stato approvato dalla commissione Giustizia.

Il testo, promosso dal Partito Democratico (Pd),viene dal principale partito al governo ma è una proposta di legge proveniente dal parlamento e non direttamente dall’esecutivo.

Tuttavia, vista la sensibilità del tema e le divergenze sull’argomento tra Pd e Nuovo Centrodestra (Ncd), i due principali partiti della coalizione di governo, intorno a questo disegno di legge si sono creati diversi nodi che potrebbero portare alla modifica del testo e alterare l’iter verso la sua approvazione.

Per questo, abbiamo spiegato cosa dice questa legge e quali sono le divergenze tra i partiti sul suo testo.

IL NOME

La legge deve il proprio nome alla sua relatrice, la senatrice del Pd Monica Cirinnà, già consigliere comunale a Roma dei Verdi tra il 1993 e il 2007 e successivamente del Pd, partito con cui nel 2013 è entrata in parlamento.

LA LEGGE

Il testo del ddl Cirinnà è composto da 19 articoli, suddivisi in due titoli, il primo dei quali dedicato ai legami tra i soggetti dello stesso sesso, mentre il secondo alla convivenza.

Il primo articolo della legge è quello che introduce la principale innovazione per la legislazione italiana, dal momento che istituisce le unioni civili per le persone dello stesso sesso.

In questo modo, non solo le coppie omosessuali italiane potranno unirsi legalmente, ma anche quelle sposate all’estero in Paesi il cui ordinamento prevede il matrimonio per le coppie omosessuali, potranno vedere la loro unione riconosciuta in Italia sotto forma di unione civile. Attualmente, infatti, i matrimoni omosessuali avvenuti all’estero non hanno, in Italia, alcun riconoscimento legale.

Per costituire un’unione civile, le due persone dovranno recarsi presso un ufficiale di stato civile alla presenza di due testimoni. In quel momento, i due potranno decidere se adottare il cognome di una sola delle due persone o mantenere ognuno il proprio.

L’unione civile sarebbe, secondo il testo della legge, molto simile sotto differenti aspetti al matrimonio. Le coppie omosessuali che si legheranno ufficialmente, infatti, avranno gli stessi diritti e doveri delle coppie eterosessuali unite in matrimonio: l’obbligo alla collaborazione nella vita comune e alla reciproca assistenza morale e materiale.

Le coppie legate da un’unione civile potranno inoltre scegliere, come nel matrimonio, il proprio regime patrimoniale tra comunione e separazione dei beni.

In caso di morte di uno dei due coniugi, come nei matrimoni, il vedovo può ereditare beni senza dover pagare alcuna tassa di successione, subentrare in un contratto d’affitto e, per quanto riguarda le pensioni, il vedovo ha il diritto di ricevere la pensione di reversibilità.

Stesso discorso per l’assistenza sanitaria, dove il trattamento dei coniugi legati da un’unione civile sarà lo stesso delle coppie unite in matrimonio.

Per quanto riguarda lo scioglimento di queste unioni, questo può avvenire per comune accordo o decisione unilaterale, e avviene a un massimo di tre mesi dalla comunicazione all’apposito ufficio.

LA STEPCHILD ADOPTION

Una delle differenze dal matrimonio eterosessuale, in cui i coniugi possono adottare bambini, è anche uno dei punti più discussi e controversi del ddl Cirinnà: la cosiddetta stepchild adoption.

Questa norma prevede la possibilità di adottare, da parte dei coniugi legati da un’unione civile, un bambino che sia figlio naturale o adottivo di uno di loro due.

La norma in questione è stata la principale ragione di attrito tra il Pd e Ncd, che, come riferito dal premier Matteo Renzi, sono “d’accordo sul 95 per cento del testo”. L’eccezione, appunto, è la stepchild adoption.

Secondo Ncd, infatti, il provvedimento favorirebbe la pratica del cosiddetto “utero in affitto”, il fenomeno, illegale in Italia, per cui le donne mettono il proprio corpo a disposizione per una gravidanza di una famiglia biologicamente non in grado di riprodursi, il tutto in cambio di denaro.

Nonostante la contrarietà di Ncd su questo punto, ci sono numerosi parlamentari al di fuori della maggioranza di governo pronti a votare questo articolo, come ad esempio il Movimento Cinque Stelle, ma i timori del Pd sono legati soprattutto a come l’eventuale approvazione di questa legge con l’articolo sulla stepchild adoption possa logorare i rapporti con l’alleato e privare il governo dei numeri per mantenere la maggioranza.

Alle numerose perplessità presenti in parlamento, si sono aggiunte quelle della Chiesa Cattolica, nello specifico del segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), Monsignor Nunzio Galantino, che ha chiesto alla politica di “non essere strabica”, dal momento che un provvedimento come il ddl Cirinnà e, in particolare, la stepchild adoption, potrebbe snaturare la famiglia tradizionale.

Domenica 18 ottobre, nel corso del programma televisivo L’Arena, il ministro delle Riforme e dei Rapporti con il parlamento Maria Elena Boschi, ha reso noto che, con tutta probabilità, il Pd lascerà libertà di coscienza su questo articolo e che il voto in parlamento avverrà per scrutinio segreto.

Questo clima di incertezza sulla legge, potrebbe far slittare l’eventuale definitiva approvazione al 2016, diversamente dagli auspici iniziali di farla approvare entro dicembre 2015.

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